SPECIALE 55ma BIENNALE DI VENEZIA
“It's Raining Gold, Hallelujah!” Padiglione Russo - Danaë di Vadim Zakharov
di Laura Estrada Prada

Il mito di Danaë racconta la storia della figlia di Acrisio, Re di Argo. Il Re, consultato un oracolo, scopre che Perseo, suo futuro nipote e figlio di Danaë, sarebbe stato il suo successore ma, come accade spesso negli antichi miti greci, sarebbe stato anche l’artefice della sua morte. Impaurito, Acrisio rinchiude sua figlia in una camera sotterranea con muri di bronzo, dando l’istruzione alle guardie di non far entrare nessun uomo. Zeus, infatuatosi della bellezza di Danaë, si trasforma in una pioggia d’oro, penetra la camera di bronzo e feconda la ragazza, che poco tempo dopo da alla luce Perseo, il quale compirà la profezia dell’oracolo. Perseo inoltre ucciderà Medusa, l’unica mortale delle tre Gorgoni, che rappresenta la perversione intellettuale1.

La storia di Danaë viene spesso citata nella storia dell’arte, da Lotto a Rembrandt, passando per Klimt, fino all’ultima opera di Duchamp Etant Donnés. Vadim Zakharov riprende il mito e, ispirandosi ad alcune di queste interpretazioni artistiche, materializza il mito, dando spazio a nuove letture, e rendendo evidente il suo legame con la contemporaneità.

L’opera di Zakharov, per la prima volta nella storia del Padiglione dalla sua costruzione nel 1914, occupa entrambi i piani. È un’istallazione interattiva che mette in scena il mito, aggiungendo anche degli elementi fortemente concettuali. Nel piano inferiore l’ingresso è permesso soltanto alle donne, alle quali vengono consegnati ombrelli trasparenti per ripararsi dalla cascata di monete che piove dal soffitto. Le spettatrici sono invitate a raccoglierne una manciata e riporle in un secchio; una volta riempito questo viene tirato su attraverso un’apertura che collega i due piani. Al piano superiore, il secchio viene svuotato su un nastro scorrevole che fa ricadere le monete dall’alto. Al piano più alto lo spazio si divide in tre stanze. Nella prima troviamo un uomo che mangia arachidi su una sella, a cavallo di una trave del soffitto. Sulle pareti, si legge la frase: Gentlemen, time has come to confess our Rudeness, Lust, Narcissism, Demagoguery, Falsehood, Banality, and…2. Nello spazio successivo è posto un inginocchiatoio che si affaccia su un buco quadrato nel pavimento che permette di vedere le donne con gli ombrelli che raccolgono le monete al piano di sotto. Infine, nella terza stanza, un uomo tira su il secchio con le monete. In quest’ultima si legge la seconda parte della frase iniziata nella prima stanza: …and Greed, Cynicism, Robbery, Speculation, Wastefulness, Gluttony, Seduction, Envy and Stupidity3.

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Vadim Zakharov, DANAË, Russian Pavilion, Venice 2013 (view from inside, detail)
photo by Daniel Zakharov. Courtesy of the Russian Pavilion Press Office

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Nella complessa “macchina” creata da Zakharov, sono diversi gli elementi concettuali che implementano l’opera. Il gesto d’inginocchiarsi è un tema ricorrente di tutta l’istallazione. Nella stanza dove si trova l’inginocchiatoio, a mio avviso, tale azione fa parte di una ritualità importante: non rappresenta solo l’atto di piegarsi al dio denaro come segno di devozione o di chiedere perdono per i peccati scritti sui muri con un gesto di pentimento, ma è anche inginocchiarsi di fronte a quello che vediamo, la pioggia d’oro e dunque, la metafora del concepimento di Perseo. Nonostante l’opera ruoti principalmente intorno al mito di Danaë, è importante anche la storia del figlio, poiché l’eroe sarà il veicolo per l’uccisione di Medusa, la rappresentazione mitologica della perversione intellettuale. L’artista porta dunque lo spettatore al riconoscimento di quel destino da cui non si può fuggire, la morte della perversione intellettuale o quanto meno, i cambiamenti inevitabili che subiranno –  o che subiscono già adesso –  gli schemi dell’intelletto. Questo gesto si ripete anche nel piano di sotto, con le donne che prendono le monete e nella fotografia della perfomance di Zakharov, che si trova sul muro dietro al secchio. Nella performance intitolata Laying out coin trails to develop the passerby’s ability to bend down4, parte della Stimulation Series realizzata dall’artista in 19805,  i passanti venivano invitati ad inchinarsi per raccogliere una monetina.

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Vadim Zakharov, DANAË, Russian Pavilion, Venice 2013 (view from inside, detail)
photo by Daniel Zakharov. Courtesy of the Russian Pavilion Press Office

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Con quest’opera Zakharov fa anche una riflessione sul tempo – passato, presente e futuro. È  interessante notare la riproduzione dell’opera di Rembrandt che si trova sotto il secchio che raccoglie le monete. Questa fa riferimento a un episodio accaduto il 15 giugno di 1985 all’Hermitage Museum di San Pietroburgo in Russia, quando un uomo buttò sul dipinto dell’acido solforico e fece due tagli sulla tela con un coltello. La stampa in bianco e nero attaccata al pavimento mostra l’opera di Rembrandt deturpata dall’acido, citando un evento del passato che non viene più preso in considerazione nel presente, ma che non per questo ha perso di significato, così come il mito di Danaë. Anche la fotografia della performance del 1980, uno dei primi lavori dell’artista, propone questa riflessione sulla temporalità. Zakharov, così come lo spettatore, torna “all’inizio”, in questo caso quello del suo percorso artistico, per provare a capire il presente e fare un’ipotesi sul futuro.

Nel mondo della Danaë che ricrea Vadim Zakharov, riconosciamo una lettura abbastanza fedele del mito. Il fatto di escludere la presenza maschile al piano inferiore per mantenere “la tranquillità, la conoscenza e le memorie intatte”6, dimostra la volontà dell’artista di mantenere la struttura del mito inalterata. D’altro canto, c’è una figura che sembra non incastrarsi nel racconto conosciuto della Danaë:  l’uomo che mangia arachidi su una sella seduto sulle travi del soffitto. Questa figura è appunto la rappresentazione del capitalismo e del sistema bancario, che come dice l’artista “mentre gli uomini si impoveriscono continuano a disinteressarsi di ciò che accade intorno a loro”7. È un “cavaliere” senza cavallo che mangia noccioline come gli elefanti da circo, completamente distaccato dalla realtà poiché sollevato da terra e sospeso in aria, fermo mentre il mondo va avanti. Con questa metafora, Zakharov porta chiaramente il mito di Danaë nel presente, facendo una riflessione sui fenomeni mondiali visti dal 2007 che rendono la crisi che viviamo oggi paragonabile alla Grande Depressione dell’inizio del Novecento8.

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Vadim Zakharov, DANAË, Russian Pavilion, Venice 2013 (view from inside, detail)
photo by Daniel Zakharov. Courtesy of the Russian Pavilion Press Office

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Finisce il percorso nel Padiglione Russo e rimangono le parole scritte sul denaro che fa funzionare la macchina: Trust, Unity, Freedom, Love. Sappiamo che esistono sempre due lati in una moneta, Zakharov ce lo ricorda soltanto.

Vadim Zakharov, One Danaë, coin, 2013
photo by Daniel Zakharov, Courtesy of the Russian Pavilion Press Office


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1 “Danae”. Wikipedia Italia. N.d. Web. Visitato il 3 luglio 2013.
2 Trad. Gentiluomini, è giunto il tempo di confessare le nostre Mancanze di Rispetto, Lussuria, Narcisismo, Demagogia, Falsità, Banalità, e…
3 Trad. …e Avidità, Cinismo, Furto, Speculazione, Spreco, Gola, Seduzione, Invidia e Stupidità.
4 Trad.  Sentieri di monete per sviluppare la capacità del passante di inchinarsi
5 “Stimulations, 1980”. Moscow Conceptualism, Zakharov-Actions and Performances. N.d. Web. Visitato il 4 luglio 2013.
6 V. Zakharov, citato.
7 Carusso, Mariella. La Danae di Zakharov sorprende Venezia. Russia Oggi – Sezione Cultura. 31 maggio 2013. Web. Visitato il 1 luglio 2013.
8 Elliot, Larry. Three Myths that Sustain the Economic Crisis. Economics Blog by The Guardian Team and the World’s Leading Economists. The Guardian. 5 Agosto 2012. Web. Visitato il 4 luglio 2013.

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Laura Estrada Prada è nata a Bogotá, Colombia ed è un’artista e curatrice d’arte contemporanea. Nel 2007 decide di lasciare la Colombia e di trasferirsi in Italia per studiare fotografia presso l’Istituto Europeo di Design di Roma.  Nel 2011 frequenta il Master per curatori di arte contemporanea e di eventi performativi dello IED. Nel 2012 ha curato, insieme al collettivo curatoriale Gruntumolani, Singolarità mobili che abitano uno spazio nomade, una mostra di videoarte italiana presso la Casa dei Teatri di Roma. Attualmente vive e lavora a Roma.