Participation
La Storia e le storie nell’Agro Pontino:
il raccordo narrativo di Bianco-Valente tradotto in immagine
di Marianna Frattarelli

Allesvergängliche/istnureinGleichnis
(tutto ciò che è perituro non è che un
simbolo/una parabola/un’immagine)

“Faust” di J. W. Goethe

Pontinia, Piazza Indipendenza. Marzo 2015. Con le spalle rivolte all’emiciclo di edifici che si affacciano sulla piazza, Bianco-Valente, arrivati per il sopralluogo in una giornata uggiosa, osservano il palazzo comunale, un’architettura razionalista in cortina, non troppo alta e ulteriormente accorciata dai volumi tozzi. Risalgono con lo sguardo la torre civica, oltrepassano l’orologio e arrivano al cornicione in marmo dove si legge: “È l’aratro che solca a terra ma è…”

Questo è l’incipit della Storia. Pontinia nasce ottanta anni fa, nel 1935, terza delle città di fondazione che seguono il risanamento idraulico e la sistemazione agraria dei terreni “redenti” della palude pontina. Punto di forza di questa trasformazione compiuta dall’Opera Nazionale Combattenti è stata la colonizzazione per mezzo dell’immigrazione di famiglie venete e romagnole, e la creazione delle “Città Nuove”. «Il fascismo, così, avrà detto la sua parola nuova e avrà imposto la sua soluzione a due problemi tra i più complessi e vitali della vita moderna della collettività: la disoccupazione e la creazione di nuovi centri di vita1».

Come continua? – mi chiedono gli artisti riferendosi alla citazione. Per leggerla nella sua interezza occorre girare intorno all’edificio, in un moto che potremmo dire autoreferenziale: «È l’aratro che solca a terra ma è /  la spada che lo difende. E il vomere e la / lama sono entrambi di acciaio temprato / come la fede dei nostri cuori. Mussolini»

 

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Pontinia, Piazza Indipendenza. Dicembre 2015. Opening dell’installazione ambientale Nuovi arrivi, nuove storie” di Bianco-Valente2. Distraendo lo sguardo da quel cornicione di marmo inciso dalla citazione mussoliniana, è ora possibile scorgere, a partire dai camminamenti laterali del Comune e proseguendo tutt’intorno sulle terrazze degli edifici che si affacciano sulla piazza, una teoria di bandiere colorate. Se ne contano ventisei. Ciascuna bandiera riporta una frase estrapolata dagli incontri che gli artisti hanno registrato durante la residenza di luglio.

Con la definizione del concept, già dai primi incontri interlocutori, avevamo stabilito di lavorare con la generazione di coloni che arrivò a Pontinia dal nord Italia, principalmente dalla Romagna, al seguito dei capofamiglia impiegati nell’agricoltura. Sono gli ultimi testimoni di certi accadimenti. La Storia, però, ha un andamento ciclico, o meglio a spirale, e dopo ottant’anni ecco ripetersi un nuovo fenomeno di migrazione.

«L’arrivo di gruppi di etnia indiana ci porta indietro negli anni. Le loro storie ricordano da vicino quelle dei vecchi coloni. Il lavoro nei campi, la voglia di riscatto e il desiderio d’integrazione sono tensioni universali e senza tempo»3.

Gli indiani provenienti dal Punjab, regione a nord dell’India, sono principalmente di appartenenza Sikh. Sono arrivanti dopo aver compiuto un lungo viaggio. Si trovano in terra straniera e affrontano la quotidianità con un vocabolario spesso insufficiente che non permette di andare oltre il rapporto con il “padrone”. Solo i ricongiungimenti famigliari agevolano l’inserimento nel tessuto sociale: i bambini frequentano la scuola, i ragazzi la piazza. Molte famiglie indiane diventano dirimpettaie di quelle italiane e per le strade si diffonde l’odore delle spezie. Aprono indianshop sulla via principale. Il loro insediamento, seppur in proporzione, è sovrapponibile a quella dei vecchi coloni romagnoli. Bianco-Valente, nel raccogliere le testimonianze, non hanno voluto indulgere sugli aspetti storici per gli uni e cronachistici per gli altri: la paga sotto gli standard salariali e le vessazioni del caporale; la mancanza di tutela; le modalità d’integrazione; la solitudine in terra nuova; l’estrema povertà. Gli artisti si sono interessati al portato emotivo che le due vicende d’immigrazione condividono. Il workshop diffuso con il quale gli artisti durante la residenza hanno incasellato gli incontri con i vecchi e nuovi coloni – alcuni tenutesi al museo altri tra le mura domestiche – puntava a stabilire un’eguaglianza tra le due condizioni di migranti che esprimeva nel titolo attraverso il segno “uguale”: Nuovi arrivi = nuove storie.

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Nella restituzione visiva del lavoro svolto sul territorio, invece, i due artisti superano questo parallelismo per creare un raccordo narrativo tra la memoria orale dei coloni e i racconti della comunità indiana. Anche in questo caso, il titolo voluto per l’installazione porta il segno di tale scelta. La sostituzione del simbolo uguale con la virgola in Nuovi arrivi, nuove storie” suggerisce una continuità fluida, una modalità narrativa ricorrente nell’Agro Pontino. I nuovi arrivi che ciclicamente la storia ci sottopone danno vita a nuove storie. Le dividono ottant’anni. È cambiato il panorama sociale, è diversa la provenienza culturale e geografica dei migranti ma il sentire viscerale è simile, tanto che le voci si confondono. Le citazioni sulle bandiere non riportano la paternità e possono essere indistintamente attribuite ai vecchi coloni oppure ai nuovi.

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“Centinaia di biciclette per la strada”, riferendosi tanto a quelle dei ferraresi sulle “strade bianche”, cioè non ancora asfaltate, quanto a quelle degli indiani tra il reticolo delle Migliare. Non c’è un ordine di lettura, ma alcune citazioni possono essere lette consecutivamente: “Non era tutto ciò che ci avevano promesso”, “Quando arriverà il dopo?” riferendosi al momento in cui le aspettative di cambiamento troveranno realizzazione.

Durante il workshop, Bianco-Valente hanno estrapolato le frasi con le quali articolare un racconto corale e al contempo realizzare un’immagine, un simbolo. «Tutti gli accadimenti esterni della vita sono in un certo senso soltanto simboli di un processo interiore collegati sincronicamente con la realtà esteriore. È necessario guardarli da questo punto di vista per comprenderli e integrarli»4.

Bianco-Valente hanno stabilito fisicamente “un punto di vista” – la piazza di Pontinia – dal quale osservare un’immagine: un edificio razionalista sul quale è incisa, sul punto più alto, l’altisonante retorica fascista che pesa sullo spazio antistante. A un livello più basso, fa da contraltare una narrazione leggera affidata alle bandiere colorate. Queste, simbolo festoso e collettivo, schiudono le scritte tra le pieghe della stoffa solo se incalzate dal vento e l’osservatore deve volerle cogliere. Non è una storia imposta dall’alto.

Inoltre, i simboli della rivoluzione fascista sono sostituiti: l’aratro e la descrizione del vomere in acciaio – nell’incisione sul cornicione – indicano un attaccamento alla terra come mezzo di sostentamento ma ancor più come madre patria. Il richiamo alla spada che la difende ne è prova evidente. L’atteggiamento fideistico sottointeso è rivolto verso l’esterno, verso un governo che saprà fare l’interesse del singolo.

Nella bandiera verde che sventola sopra l’albergo pontino, prospiciente il Comune, si legge invece: “Una penna in regalo per non fare il lavoro nei campi”. La citazione ricorda l’omaggio di una penna con il quale un padre accoglie all’aeroporto la figlia arrivata dall’India con l’auspicio di potersi affrancare da un futuro da bracciante per un impiego di concetto. La fiducia è riposta nelle sue capacità.

Anche nei racconti di molti coloni ricorreva un’espressione che alludeva al rifiuto del lavoro contadino: “La terra era troppo bassa per essere lavorata”. D’altronde molte famiglie arrivate in Agro pontino si ritrovavano a condurre il podere senza conoscenze tecniche di coltivazione e allevamento.

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“Nuovi arrivi, nuove storie” può essere considerata una versione di “Come il vento”, progetto del 2013, svoltosi a Bacharre (Libano), dove gli artisti hanno lavorato due settimane con la comunità locale. Anche in questo caso si scelgono delle citazioni da riportare su supporti colorati (manifesti) perché “liberi” da connotazioni politiche e di appartenenza.

Il linguaggio è un tema ricorrente nella ricerca artistica di Bianco-Valente. Gli artisti sono affascinati dall’aspetto magico della parola scritta, dall’energia che esprime in quanto segno, simbolo. Nelle loro opere si verifica dunque una combinazione sinergica di due modalità comunicative: quella scritta, leggibile da destra verso sinistra secondo un ordine consequenziale che parla all’emisfero razionale; quella visiva, con simboli e segni leggibili simultaneamente dall’emisfero emotivo.

Durante l’allestimento, un venerdì di mercato, la piazza è piena di gente. Alcuni anziani hanno risposto all’invito di presentarsi, altri si fermano incuriositi. È un momento di partecipazione. Il museo, che ha commissionato il progetto, ha precedentemente ottenuto il consenso a fissare le bandiere non solo sugli edifici pubblici ma anche sulle terrazze di quelli privati – i palazzi ex  INA5. Il rigore dell’architettura razionalista è addolcito dalle tele delle bandiere che pian piano sono collocate lungo il perimetro alto della piazza. Non è una giornata particolarmente ventosa ma il gran vociare della gente accorsa fa quello che farebbe il vento, diffonde le storie. «Pur trasformandosi passando di bocca in bocca, le storie tendono a resistere al tempo molto più dei monumenti, e in più sono il vero tramite che tiene legati i gruppi sociali, molto più che le bandiere e i muri di cinta»6.

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Marianna Frattarelli, vive e lavora in provincia di Latina. Approfondisce la scena contemporanea lavorando come editor nella redazione di alcune free press di arte e architettura. Da dicembre 2011, è responsabile dell’offerta didattica del MAP Museo Agro Pontino. Nel 2012 fonda il progetto BCOME che, in collaborazione con artisti d’importanza internazionale, progetta ed edita prodotti per didattica dell’arte contemporanea, alcuni dei quali scaricabili gratuitamente dalla piattaforma bcomeblog.com.

 

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1 Acs. Atti Consiglio ministri – Presidenza – 1930-31 b.39: “Disegno di legge contenente norme per la disciplina e lo sviluppo delle migrazioni e della colonizzazione interna” tratto da L’Agro pontino 1900 – 1934, Annibale Folchi, Regione Lazio.
2 “Nuovi arrivi, nuove storie” a cura di Marianna Frattarelli, è un progetto speciale per gli 80 anni di fondazione della città di Pontinia commissionato dal MAP Museo Agro Pontino, Piazza Kennedy 1 – Pontinia (LT) www.museoagropontino.it.
3 Comunicato stampa inaugurazione installazione Nuovi arrivi, nuove storie.
4 Alchimia, Marie-Louise vonFranz, 1984, Bollati Boringhieri.
5 I palazzi  dell’Istituto Nazionale delle Assicurazioni, sono coevi alla fondazione di Pontinia (1935). In modo speculare e simmetrico, questo complesso di palazzine si affaccia su Piazza Indipendenza e sono collegati con il Municipio attraverso alti e stretti sottopassaggi. 
6 Da un’intervista di Massimo Mattioli citata in “Bianco-Valente Il libro delle Parole” di Caterina Senigallia, 2015, Postmedia Books, Milano