CITAZIONE
Farò un discorso breve di discorsi lunghi
di Rossana Macaluso
Cos’è un simbolo se non un discorso breve di pensieri lunghi1? Un sintetico discorso che rimanda implicitamente a riflessioni storico culturali verso cui spinge la stessa percezione e identificazione del simbolo. Il simbolo è istruito, ha un sapere culturale ed evocativo forte quanto lo è la sua diffusione, la sua rappresentazione è una continua citazione del suo sapere. Possiamo ragionevolmente parlare quindi di estetizzazione del sapere. In ambito politico esiste una proporzione tra uso e diffusione del simbolo e diminuzione della democrazia. Come afferma Nicola Porro “Nella narrazione simbolica e iconica dei regimi sono presenti, seppure in differenti combinazioni narrative e semantiche, alcuni tratti comuni. Fra questi la tendenza all’estetizzazione della politica”2. Tale estetizzazione può essere racchiusa in un complesso e pianificato sistema di  comunicazione visiva, che tocca diversi ambiti della percezione e dell’azione. I regimi totalitari elaborano lo spazio quotidiano e urbano attraverso nuove architetture, elaborano simboli politici che fungono da marchio e ripropongono rituali evocativi di poteri lontani.
Sulla elaborazione dello spazio il regime fascista in Italia non solo detta legge in fatto di stile costruttivo urbano,  ma arriva a concepire nella complessa stratificazione di stile e stilemi della capitale, delle vere e proprie realtà. Un esempio per tutti è la Terza Roma, perché dopo la Roma Antica e la Roma cristiana, deve nascere appunto la terza Roma: quella del fascismo. “La Terza Roma si dilaterà sopra altri colli lungo le rive del fiume sacro sino alle spiagge del Tirreno”.3 Un progetto che va al di là della costruzione del quartiere Eur nato per ospitare L’Esposizione Universale di Roma: è un progetto totalizzante. L’obiettivo è creare attraverso strade, edifici, monumenti, piazze, stemmi, una nuova civiltà ma che sia imperiale come quella romana. Un’architettura intesa come scansione dello spazio che citi ma superari la Roma Antica. Gerarchia. Disciplina. Autorità. A proposito dello stile fascista, Pasolini, intervistato da Paolo Brunotto, parte dalla costruzione di Sabaudia per avviare una riflessione su quella strategia di omologazione e a-culturazione “pianificata” dal regime.4

L’impressione è che Pasolini sia riuscito a superare nel 1974 una concezione ad oggi persistente che tenta di tramare e legare la politica attuale con immaginari di grandiosità assimilabile alla concezione dell’Impero romano. Il regime fascista, nel tentativo di omologazione, ha estetizzato e “razionalizzato” lo spazio, ne ha ritmato la sua possibilità d’azione attraverso un’infinità di simboli e rituali che dunque per decenni ne hanno segnato l’identità. Gerarchia. Disciplina. Autorità. Nel 1971 Fabio Mauri presenta a Roma, presso gli Studi Cinematografici Safa Palatino, la performance Che cos’è il Fascismo. L’azione consiste in una simulazione della cerimonia dei Ludi Juvenilesuna gara nazionale riservata agli Avanguardisti, ai Giovani fascisti, alle Giovani italiane e alle Giovani fasciste”.5 Durante la performance di Mauri vengono eseguiti saggi ginnici, di scherma, di pattinaggio, sbandieramenti, inni, dibattiti e interventi individuali sulla “Mistica di Regime”. Il pubblico è fatto sistemare in sei tribune nere suddivise per ‘corporazioni’ seguendo il cerimoniale dell’epoca (autorità, accademici, famigliari, stampa Italiana, stampa estera…). Il luogo in cui si svolge l’intera cerimonia vede campeggiare al centro un grande tappeto rettangolare recante il simbolo della svastica nazista. Lo spettatore partecipe e attore è assuefatto dall’azione agonistica, dal movimento sprigionato da esso, ma anche da quella visione totalizzante rappresentata dalla svastica, una citazione forte quanto lo è l’azione concettuale dell’artista. E se proviamo a chiederci il perché dell’evidenza di tale trasposizione visiva e raffigurativa, troviamo la risposta nelle parole dello stesso Fabio Mauri: “Io non facevo politica, ma coscienza.”6 La forza di tale rappresentazione è rintracciabile nell’esperienza della fonte. “Ho iniziato dalla mia biografia. C’era stato il fascismo, la guerra, lo sterminio degli ebrei. Dovevo ricominciare da lì, analizzare i disastri, il freddo, la fame, la paura, i bombardamenti. Impresso nella memoria trovai un raduno, i Ludi Juveniles a Firenze, nei giardini di Boboli. Ripensando a quelle giornate riflettevo sull’aspetto politico e storico del destino, a come la storia incide sulla vicenda dei singoli. Sembra un incidente, ma è la sostanza di una vita.”7 Fabio Mauri ha una forza concettuale e traspositiva così forte da riuscire a citare anche l’immaginario che ciascuno ha potuto solo elaborare astrattamente rispetto a quel mondo che simboli, rituali e spazi del regime hanno creato.
Scheda Tecnica Ebrea
Installazione ed azione presentata per la prima volta il primo ottobre 1971 alla Galleria Barozzi di Venezia.
Descrizione: La sala della galleria è trasformata in qualcosa come un piccolo museo di un campo di concentramento: al centro della sala si trova un cavallo bardato maestosamente (Cavallo di S.S.) con Finimenti in pelle ebrea; poi, in ordine sparso nell’ambiente, una carrozzina rosa pallido da neonato(Carrozzina ebrea eseguita con la famiglia Modigliani 1940), gli stivali alti da donna su pattini a rotelle (Veri pattini di Anna Cittericb di Varsavia, eseguiti da lei stessa), oppure oggetti solo apparentemente innocui come un Armadietto con lo specchio, garze e forbici,Haarshneidermaschine,una macchina per tagliare i capelli, nonché Pelli da sci eseguite con Oswald e Mirta Rohn catturati a Davos-Brzezinka Ospedale Maggiore, e ancora Pennelli di capelli; colori organici e pergamena ebrea – Oswirgin, Birkenau 1940, Saponi, Vera cera ebrea, e La sedia in pelle ebrea, Norimberga 1941. Tra le opere-oggetti si scopre una giovane donna, nuda, di fronte all’Armadietto con lo specchio. Si taglia i capelli e li incolla sullo specchio fino a comporre, lentamente, il disegno della stella di Davide, la stessa che appare segnata sul suo petto accanto ad un numero, il marchio della discriminazione razzista. Altri oggetti, per un totale di 17, completano l’installazione: Samuel Morpurgo, primo ospite nel campo di Treblinka, nella sua stessa cornice, eseguito da Attila Rengsdorf -Treblinka 1943; Ippolito Marchi; Racchetta neracon corde di budello; Priscilla-Guanto; una Valigia Ebrea: Gioiello-Laiback con denti; e, in una mensola, un monocromo nero, la Famiglia Ebrea. Inoltre, alle pareti, tre grandi stelle di Davide contornano una frase di Isaia in ebraico: Un grido si è udito in Rama, di grande pianto e lamento. È Rachele che piange i suoi figli, e non vuole essere consolata, perché essi non ci sono più.” 

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1 F. Mauri, discorso di apertura della mostra Castellarte 2007, Montepagano Roseto degli Abruzzi. Trasalimenti Progetti per l’arte contemporanea 2007.
2 N. Porro, Il corpo dei totalitarismi. La narrazione iconica di Mussolini al potere. Pubblicato su roots§routes. Periodico trimestrale. Anno 2, n. 6 aprile-giugno 2012. [https://www.roots-routes.org/?p=439]
3 Scritta incisa sul Palazzo degli Uffici dell’Eur.
4 P. Brunatto (a cura di), Pasolini e … la forma della città, a cura di Paolo Brunatto, documentario andato in onda su Rai tv il 7 febbraio 1974.
5 Atis. Associazione ticinese degli insegnanti di Storia (a cura di), Una fonte interessante per lo studio di alcuni aspetti del fascismo.
6 Senza Paura del buio. Intervista realizzata da Stefano Chiodi a Fabio Mauri, Flash Art n. 277 agosto-settempre 09.
7 Op. cit.