SPACE IS A DOUBT
Nummer twaalf di Guido van der Werve
a cura di Paola Bommarito
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Nummer twaalf
variation on a theme.
The king’s gambit accepted,
the number of stars in the sky
and why a piano can’t be turned
or waiting for an earthquake
4k video, 40’00’’ Marshall chess club, Mt St Helens and San Andress fault, USA 2009

Guido van der Werve
 
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Nummer twaalf

Numero 2 finestre, Numero 1 coperta, Numero 1 letto; Numero 2 climatizzatori, Numero 1 statua a mezzo busto, Numero 2 lampadari, Numero 4 leggii, Numero 2 viole, Numero 1 contrabbasso, Numero 4 violini, Numero 2 violoncelli, Numero 9 musicisti, Numero 16 giocatori di scacchi, Numero 2 finestre, Numero 10 persone con gli occhiali, Numero 9 sedie, Numero 35 quadri alle pareti, Numero 288 pezzi sulle scacchiere, Numero 18 re, Numero 18 regine, Numero 36 torri, Numero 36 alfieri, Numero 36 cavalli, Numero 36 pedoni, Numero 1 porta scorrevole; Numero 1 tavolo, Numero 1 sedia; Numero 137 alberi spogli, Numero 28 cespugli verdi, Numero 22 cespugli giallo-arancio, Numero 1 vetta all’orizzonte, Numero 11 alberi disboscati, Numero 1 nuvola di fumo, Numero 4 tronchi, Numero 3 sentieri, Numero 15 crepe che tagliano la montagna, Numero 7 nuvole, Numero 1 cima innevata, Numero 43 rocce, Numero 14 strisce nel cielo, Numero 156 pietre, Numero 13 mucchi di neve, Numero 1 nebbia, Numero 1 uomo che cammina, Numero 0 stelle nel cielo; Numero 1 pomello; Numero 1 casetta, Numero 1 porta, Numero 12 gruppi di erbaccia, Numero 10 curve, Numero 16 ombre, Numero 2 bivi stradali, Numero 1 tramonto, Numero 1 luna, Numero 80 mosse, Numero 166 numeri.

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Variation on a theme

Il lavoro di Guido van der Werve è spesso stato paragonato ai dipinti dei pittori romantici dell’Europa del Nord. Il paesaggio, i colori e la luce giocano un ruolo fondamentale nella costruzione del suo immaginario. Quello che ci mostra sono dei veri e propri tableaux vivants, in un estetica romantica facilmente paragonabile alla poetica del sublime. All’interno di questi scenari, la scura figura dell’artista si staglia contro l’assoluto del cielo e l’immensità del paesaggio. Che sia al Polo Nord o nei mari finlandesi, per le strade di Amsterdam o in cima al vulcano nel monte di Sant’Elena, Guido van der Werve intraprende degli sconfinamenti in luoghi carichi di significato. In realtà il suo lavoro è molto complesso e si compone di un intrecciarsi di elementi. La scala incomprensibile del cosmo, la passione per la matematica e per il mistero di rebus irrisolti sono alcuni dei temi chiave del suo lavoro. Molto spesso si ritrovano numeri, calcoli matematici, stime o probabilità. I numeri sono un modo di esprimere una grandezza. Per l’artista sono sia un metodo per  misurare fatti e fenomeni del mondo, sia uno strumento per calcolare il tempo necessario a compiere determinate sfide alla perfezione. Nell’opera di van der Werve sono molto presenti anche le sue passioni per gli scacchi e per la musica classica. Così come nella musica, nei suoi lavori la variazione è ogni riproposizione di un’idea in cui essa subisca modifiche, più o meno profonde, rispetto alla sua forma originaria. Rappresenta movimenti minimi disegnati su una scacchiera ideale che regola il tempo, lo spazio e la natura.

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Courtesy of Monitor Gallery Rome, Gallery Juliette Jongma Amsterdam, Marc Foxx Los Angeles, Luhring Augustine New York.
Images by Ben Geraerts

 
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The king’s gambit accepted

La performance che apre Nummer twaalf si svolge a New York al Chess Club Marshall, uno dei più noti circoli scacchistici degli Stati Uniti. L’intero film presenta proprio una struttura a trittico simile ad una partita a scacchi nelle sue parti di apertura, mediogioco e finale. Il primo naturale rimando va alla performance realizzata da John Cage e Marcel Duchamp nel 1968, proprio al Chess Club Marshall. La performance prevedeva una partita a scacchi su una scacchiera alterata in modo tale che ad ogni mossa corrispondesse un suono. Il legare musica e scacchi per i due sarà un tema più volte affrontato e che ha origine nella musica scritta da Cage per pianoforte preparato, per la sequenza di Duchamp nel film di Hans Richter “Dream that Money can buy” del 1947. L’idea della performance di Cage e Duchamp era quella di creare un legame tra scacchi e musica sperimentale eseguita dal vivo, mentre in Nummer twaalf il punto cardine sta nella costruzione, da parte dell’artista, di un nuovo strumento musicale creato sul parallelismo  tra una scacchiera e un pianoforte. Apparentemente l’oggetto sembra un semplice tavolo da scacchi, ma ad uno sguardo più attento si rivela essere un vero e proprio pianoforte, uno strumento solista molto lento, poiché ad ogni mossa corrisponde una nota. L’artista ha chiesto al grande maestro di scacchi russo Leonid Yudasin, suo “avversario” nella performance, di comporre le mosse della partita, con l’apertura della mossa suicida e romantica del King Gambit che lascia il re vulnerabile sin dall’inizio.
Mosse: 1.e4 – 1.e5 – 2.f4 – 2.exf4 – 3.Bc4 – 3.Nf6 – 4.Nc3 – 4.c6 – 5.Bb3 – 5.d5 – 6.exd5 – 6.cxd5 – 7.d4 – 7.Bd6 – 8.Nf3 – 8.0-0 – 9.0-0
In certi casi, negli scacchi, si può arrivare ad una posizione senza via d’uscita, dove nessuno degli avversari può imporre la vittoria. Questa insolubile situazione, uno stato di perpetuo scacco, diviene un affascinante metafora della relazione individuale con la vita. Guido van der Werve è stato da sempre attratto dalle possibilità infinite degli scacchi. È con le parole dello stesso Yudasin che l’artista, in un’intervista con Angela Serino, definisce la teoria secondo cui l’unico modo per affrontare la matematica folle degli scacchi è l’intuizione estetica.
“To manage the infinite amount of moves and variations during a chess game, grandmasters have developed a certain intuition which is based on experience in compositional aesthetics. Rather than trying to calculate the infinite amount of moves and consequences each move has, they look at the chess board and make a move that simply feels right.” 1
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The number of stars in the sky

La seconda scena di Nummer twaalf rappresenta l’impossibile impresa del contare le stelle nel cielo, e vede l’artista impegnato in una scalata del monte Sant’Elena, un vulcano nello Stato di Washington. È un’azione attraverso luoghi sconfinanti, che potrebbe durare per sempre. La potente struttura spaziale del pittore Caspar David Friedrich si ritrova nel paesaggio ripreso da van der Werve. Con lo stesso potere evocativo siamo costretti a fermarci per contemplare le vaste distese che risultano più facilmente accessibili con i sentimenti, che fisicamente. L’impatto estetico che ne deriva è associabile alla poetica romantica di una visione in grado di far sussultare l’anima. Ma nel tempo attuale, lontano da certi contesti sociali e riflessioni filosofiche, è possibile ascrivere totalmente il lavoro di van der Werve in questa logica romantica? Nell’opera di alcuni pittori romantici dell’Europa del Nord, e nella rappresentazione dei loro “paesaggi simbolici”, vi era l’esigenza di dare nuova vita all’esperienza del divino in un mondo temporale al di fuori dell’iconografia cristiana tradizionale, ma in ogni caso fortemente legato alla religiosità. 2 Per van der Werve non si tratta di ricollocare l’ultraterreno nel paesaggio, ma di provare la sensazione di comprendere i più impalpabili fenomeni della natura. In Nummer twaalf si individua senz’altro quel bisogno di assoluto e quell’anelito verso l’ignoto, ma con un distacco da una tematica religiosa. L’artista costruisce delle sfide con se stesso per indagare delle verità cosmologiche attraverso stime e calcoli matematici. Non è un esigenza volta ad evocare il divino, ma il misterioso, l’irrisolvibile. Friedrich, ad esempio, nei suoi dipinti suscita associazioni spirituali e ascetiche suggerite dalla presenza di monaci. Queste figure solitarie, poste di fronte all’universo, cercano di fondersi con il mondo creato da Dio. Anche in Nummer twaalf è soltanto l’artista l’unica presenza umana a contemplare quel cielo reso a tratti cupo e nebbioso dal vulcano, ma nonostante sia la stessa atmosfera sospesa e malinconica che caratterizza la passeggiata dell’artista, non si tratta di nessun viaggio trascendentale. Piuttosto van der Werve sembra fornire un movimento alla staticità rappresentata dalla figura dell’uomo in  Friedrich. Il suo camminare lentamente, questo vagabondaggio in spazi incontaminati, riconduce l’artista alla figura di un flâneur strappato dal suo contesto metropolitano.

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Courtesy of Monitor Gallery Rome, Gallery Juliette Jongma Amsterdam, Marc Foxx Los Angeles, Luhring Augustine New York.
Images by Ben Geraerts

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Courtesy of Monitor Gallery Rome, Gallery Juliette Jongma Amsterdam, Marc Foxx Los Angeles, Luhring Augustine New York.
Images by Casper Lambeck

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And why a piano can’t be tuned

In Nummer twaalf la passione dell’artista per il gioco degli scacchi e i suoi studi nell’ambito della composizione musicale si fondono l’uno nell’altro. Entrambi presentano delle basilari analogie. La scacchiera consiste di otto righe e otto colonne di quadrati. Otto è anche il numero di un ottava. I colori distintivi sono il bianco e il nero, così come bianco e nero sono i colori specifici dei tasti di un pianoforte. Anche la luminosità delle stelle su un oscuro cielo notturno al confronto risultano qualità formali molto simili. La colonna sonora, composta anch’essa dall’artista, è il vero legante dell’intero film. Le musiche per archi in tre movimenti rappresentano le tre scene di Nummer twaalf. Il primo componimento è Grave, Freddo, basato sul gioco degli scacchi, il secondo è Andante, il terzo Agitato. In Nummer twaalf la musica è intesa come astratta. Un’idea che contiene in sé una mistificazione profonda del significato dell’agire musicale e la cui origine, almeno nella sua forma più consapevole, può essere collocata nell’ideologia romantica d’una musica pensata o pensabile al di sopra del concreto accadere. L’immaginario che Guido van der Werve ci propone viene accostato da una musica pura ed assoluta, contrapponibile alle sue forme e manifestazioni programmatiche. A questo livello di astrazione si riesce a raggiungere un linguaggio comunicativo più universale. C’è un chiaro riferimento al compositore Richard Wagner, noto, tra le altre cose, per l’utilizzo della tecnica del  leitmotiv, in cui i temi musicali vengono associati a persone, luoghi o sentimenti. In particolar modo quello che l’artista fa proprio in Nummer twaalf è il concetto wagneriano di ‘Gesamtkunstwerk’, l’opera totale, una sintesi delle arti poetiche, visuali, musicali e drammatiche. Secondo questa logica lo scacco, l’accordatura di un piano e il numero delle stelle esistenti nel cielo, sembrano subordinati ad un unico proposito. L’artista cerca di renderli nella loro forma perfetta, proiettandoli in un ambito di universalità.

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Or waiting for an earthquake

Per la scena finale l’artista ha costruito una casa, la stessa dalla quale introduce ogni scena del film, sulla faglia geologica di Sant’Andrea, famosa per i suoi devastanti terremoti, che si estende per 1300 chilometri attraverso la California. Secondo alcune ricerche scientifiche il piccolo paese di Parkfield, situato lungo la faglia, è soggetto a terremoti a intervalli regolari di 22 anni e per questo è diventata una delle località più popolari al mondo in cui tentare di prevedere grandi terremoti. In Nummer twaalf sia la faglia che il vulcano sono luoghi che possono generare sconvolgimenti apocalittici del territorio. Nonostante ciò gli spazi presentati sono avvolti da un’assoluta calma. Ritornando all’idea del sublime, mi viene in mente la teoria dell’orrore dilettevole del filosofo Edmund Burke. [3] Il sublime per Burke è un idea che deve essere distinta dall’idea del bello e di cui bisogna cercare l’origine in determinate qualità sensibili o dinamiche esperienziali. Secondo Burke esiste anche un piacere “negativo” che consiste in una specie di tranquillità adombrata dall’orrore, insita in un’atmosfera di imminente disastro. Tutto ciò che può destare un’idea di pericolo è una fonte di sublime, anzi quella che maggiormente induce la più forte emozione che l’animo sia capace di sentire. La concezione burkiana si apre inoltre ad altre dimensioni di senso, come il tatto e l’udito che in Nummer twaalf trovano il loro corrispettivo nell’utilizzo degli scacchi e nella composizione musicale. Al termine della sua impresa l’artista si ritrova seduto sulla soglia di casa, in quella lunga linea di confine. L’insuccesso o lo scacco della ragione è precisamente il punto cieco che lo fa accedere ad un’altra dimensione. 4

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1 On Nummer Twaalf. Angela Serino and Guido van der Werve in conversation, Amsterdam 18.09.2009.
2 Robert Rosenblum, La pittura moderna e la tradizione romantica del nord. da Friedrich a Rothko. 5 Continents Editions, Milano, 2006
3 Edmund Burke, Inchiesta sul Bello e sul Sublime. Aesthetica, Palermo, 1998.
4 Michel de Certeau, L’invenzione del quotidiano. Edizioni Lavoro, Roma 2005. pag. 284.