anno 5, n.17 febbraio – aprile 2015
Il partito preso delle cose
a cura di Giulia Grechi

cose sensibilmente sovrasensibili1, oggetti smarriti, oggetti intrisi di memoria, cose pretesti, oggetti stratificati, cose seduttive, oggetti politici, oggetti monumenti, cose dell’altro mondo, oggetti quotidiani, artefatti, oggetti sensibili, cose perturbanti, oggetti intramontabili, cose che raccontano storie, (s)oggetti, l’intimità delle cose, oggetti in via di estinzione, non è cosa, oggetti assoggettati, una cosa da niente, oggetti testimoni, la biografia degli oggetti, ceci n’est pas une pipe2, oggetti privati, capolavori, cosa fatta capo ha, oggetti musealizzati, musei senza oggetti.

La cosa non è l’oggetto, l’ostacolo indeterminato che ho di fronte e che devo abbattere o aggirare, ma un nodo di relazioni in cui mi sento e mi so implicato e di cui non voglio avere l’esclusivo controllo.3
Il miglior partito è di considerare ogni cosa del tutto sconosciuta, e di passeggiare o di sdraiarsi nel sottobosco o sull’erba, e di riprendere tutto all’inizio.4

Bello come la retrattilità degli artigli degli uccelli rapaci; o ancora, come l’incertezza dei movimenti muscolari nelle pieghe delle parti molli della regione cervicale posteriore; […] e soprattutto, come l’incontro fortuito su un tavolo di dissezione di una macchina da cucire e di un ombrello!5
Si tratta per tutte le cose di affrontare il problema di rappresentare l’inimmaginabile, il divino, o di fare un’immagine di qualche cosa che non ce l’ha – l’anima, il soffio, lo spirito, la potenza, l’immateriale. Le immagini che ne facciamo si trovano a essere copie di copie di un originale che ci sfugge. L’uso di oggetti, feticci che sono per certi scopi e in certi momenti investiti da una potenza di rappresentazione. Questo mondo ricco e colorato, in cui l’immanenza è rappresentazione, sembra popolato di presenze.6
Il rapporto amoroso con le cose ha questo fondo di melanconia…7
L’etnografia si interessa al bello e al brutto, nel senso europeo di queste parole assurde. Ad ogni modo, essa diffida tendenzialmente del bello, che è piuttosto spesso un caso raro – cioè mostruoso – in una civiltà. L’etnografia diffida anche di se stessa – perché è una scienza bianca, cioè intrisa di pregiudizi – e non negherà valore estetico a un oggetto perché è alla moda o perché è di serie.8
Le storie più belle sono raccontate da cosecose che stanno morendo.9
Ti piacciono le mie fotografie solo perché ti ricordano l’Istanbul di quando eri bambino. No, rispondo al grande fotografo, mi piacciono perché sono belle. Ma bellezza e ricordo sono veramente due cose diverse? Forse non giudichiamo una cosa bella solo perché ci è familiare e in qualche modo assomiglia ai nostri ricordi? La bellezza è l’occhio che scopre nel nostro mondo ciò che la mente già conosceva.10
Sbrogliare i feticci non è ancora nel regno delle umane possibilità.11

Ci sono i piatti, ma non l’appetito
le fedi, ma non scambievole amore
da almeno trecento anni.

C’è il ventaglio – e i rossori?
C’è la spada – dov’è l’ira?
E il liuto, non un suono all’imbrunire.

In mancanza di eternità hanno ammassato
diecimila cose vecchie.
Un custode ammuffito dorme beato
con i baffi chini sulla vetrina.

Metalli, creta, una piuma d’uccello
trionfano in silenzio nel tempo.
Ride solo la spilla d’una egiziana ridarella.

La corona è durata più della testa.
La mano ha perso contro il guanto.
La scarpa destra ha sconfitto il piede.

Quanto a me, credete, sono viva.
La gara col vestito non si arresta.
E lui quanta tenacia mi dimostra!
Vorrebbe viver più della mia vita!12

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Karl Marx, Il Capitale.
2 Renee Magritte.
Remo Bodei, La vita delle cose.
Francis Ponge, Il partito preso delle cose.
Lautreamont, Canti di Maldoror.
La Cecla, Vitone, Non è cosa. Vita affettiva degli oggetti.
Calvino, “La redenzione degli oggetti”, in Collezione di sabbia.
Marcel Griaule, 1939.
9 Michael Taussig, Cocaina. Per un’antropologia della polvere bianca.
10 Orhan Pamuk, L’innocenza degli oggetti.
11 
Michael Taussig, Cocaina. Per un’antropologia della polvere bianca.
12 Wislawa Szymborska, Museo, 1962.