anno 7, n. 25 maggio – agosto 2017 [ Discomfort

Anno VII, n.25 maggio – agosto 2017
Discomfort

a cura di Giulia Crisci

Ma là dove c’è pericolo, cresce anche ciò che salva.
Hölderlin

Un corpo non più in stato di quiete.
Se la risultante delle forze applicate al corpo non è nulla, il baricentro viene spostato fuori dalla base di appoggio, così da perdere l’equilibrio.
Necessaria diventa la ricerca di una nuova postura che tenga conto dell’intensità della forza esterna esercitata.
Oltrepassata la soglia della zona di comfort l’equilibrio che cuce insieme automatismi e movimenti ordinari, mantenendoci in piedi durante l’esecuzione di un gesto, viene messo in crisi.
La rottura dell’abituale causa nel corpo stesso il meccanismo fisiologico di “supercompensazione”, ovvero l’attivazione di reazioni uguali e contrarie tese a riportare il sistema nello stato di equilibrio dinamico, detto di omeostasi (dal greco, òmoios, “simile” e stasis “posizione”) che è alla base di tutte le sue attività.
Così anche la mente torna continuamente e istintivamente a luoghi comodi, talvolta comuni, che conosce.
Viviamo, abitiamo, esistiamo assecondando le nostre abitudini, ovvero i modelli culturali che abbiamo introiettato. È ciò che Marcel Mauss definisce Habitus, “le modalità attraverso cui le persone ‘abitano’ i loro corpi, così che questi si ‘abituino’1, nel suo saggio dedicato alle Tecniche del Corpo2, intese come insieme di usi del corpo, derivati da disposizioni sociali, norme educative e tradizioni culturali. Persino ciò che ci appare più naturale, come lo stesso atto del camminare, è in realtà acquisito e fortemente condizionato.
Un pensiero scomodo è presupposto necessario di ogni atto di ricerca onesto. Esso tende a spostare l’abituale, uscendo dalla comfort-zone crea cortocircuito nell’ordinario, problematizzando la norma può rompere gli schemi disciplinanti.
Questo movimento non rassicurante va contro “Il potere invisibile dell’addomesticamento alienante capace di un’efficienza straordinaria”: laddove si attua la “burocratizzazione della mente, uno stato raffinato di estraniazione, una sorta di “conformismo dell’individuo, di accomodamento”3.
Il discomfort, lo stare fuori dall’agio, è continua lotta per tentare di rendere il mondo abitabile e benefiche le circostanze, in un incessante costruire mai pacifico, che non accontentandosi dell’esistente genera il desiderio di nuove condizioni.
Il senso di disagio, nasce dalla molestia o dal disadattamento all’ambiente o a una situazione, per motivi morali o per la mancanza di ciò di cui si ha bisogno, causando una postura mentale scomoda.
Disagio può essere vivere in molti luoghi senza appartenere o abitarne pienamente nessuno.

1 Scheper-Hughes N., Il sapere incorporato: pensare con il corpo attraverso un’antropologia medica critica, in Borofsky R. L’antropologia culturale oggi, Meltemi, Roma 2000, p. 284.
2 Mauss M., Le tecniche del corpo, in Teoria generale della magia e altri saggi, Einaudi, Torino 1965.
3 Freire P., Pedagogia dell’autonomia. Saperi necessari per la pratica educativa, EGA, Torino, 2004, pp. 88-9.

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