§Ricco Patrimonio/Povera Patria
Chiaravalle. Botanica di una prospettiva
di Isabella Bordoni

Luglio 2021 terzo paesaggio mi affida il racconto di uno spaccato contemporaneo di Chiaravalle, per il numero roots&routes in uscita a settembre. Occorre mettere in ordine l’innamorato disordine del fare. Inizia un viaggio.

Agosto 2021 Guardo a Chiaravalle dal Montefeltro: partendo da un luogo si raggiunge l’altro con un attraversamento che affianca la dorsale appenninica e che, nell’arco di qualche ora, fa approdare dentro geografie che sono sia spazi reali, fisici e sociali, sia pertinenze dell’anima.
La mia vita insiste su Chiaravalle con la tenacia dell’abitante affettiva. Una definizione, questa, che decenni addietro ho contribuito a disporre in un lessico oggi comune, proprio per significare alleanze tra chi il luogo lo abita per dato anagrafico e stanziale e chi lo abita perché autoconvocatasi in maniera temporanea ma ricorrente, in modo né occasionale né accesamente localistico ma certamente situato. Condotta lì da una visione che nel tempo e nel luogo si è contribuito e si contribuisce a comporre, scomporre, risignificare, insieme tra abitanti di diversa natura.
Forse, non sentendo esattamente nessun luogo come destinazione definitiva ma ciascuno come parte di un cammino, si può, in un luogo affine a sé per somiglianza o differenza [1], in un luogo complesso e dunque plurale – più grande delle sue coordinate terrestri e tuttavia noi ben consapevoli di quelle – investire passione, intuizione, metodo, lungimiranza, corpo, durata, ragionamento; avvertendo lì, proprio per la qualità di luogo comune e tuttavia specifico, la forza del “possibile”. Credo, infatti, che sia proprio quello spazio di aspirazione e possibilità a dare a un luogo la dimensione unitamente interiore e pubblica, personale e civica, affettiva e politica. Aspirazione e possibilità che sganciano il luogo dal fanatismo identitario e lo ri-spaziano in una prospettiva che allea civismo attivo e poetica. La nominai anche “Cittadinanza poetica” più di venti anni fa, questa educazione sentimentale al displacement che ben lontana dal generico disimpegno, potenzia semmai la moltiplicazione dell’impegno per gemmazione situata e migrante.

Per questo insisto anche qui e ancora, su alcune relazioni che sento condizione ed esperienza del vivente: biografia/storia, estetica/etica, topografia/geografia, soggettività/collettività, situamento/spostamento, natura/cultura, spazio/paesaggio, eredità/testimonianza, assumendole non come coppie di opposti ma campi semantici ed esistenziali, posti tra loro in continuità e compresenza. Abitanti come siamo – tutte e tutti – del mondo, credo fondamentale anche l’esercizio di affiancare tra loro diverse scale di grandezza, superare gerarchie, tentare la pulizia da posture coloniali e patriarcali sempre in agguato: per ridisegnare conseguenze. Per dire che siamo contemporaneamente parte e tutto, sistema, relazione, ecologia innata e implicita.

Occorre fare, allora, anche un lavoro sul linguaggio. Occorre chiedere tanto al linguaggio quanto alla tutela del vivente, lo sforzo e la responsabilità di un’invenzione. Occorre assumere l’incarico di rimappare anche sé nel proprio spostamento. Occorre anche un ampliamento del diritto, che riconosca una localizzazione amministrativa non esclusivamente definitoria, ma il diritto alla mobilità dei corpi e dei popoli. Le parole, la loro esistenza e le loro conseguenze hanno una sponda generativa, vegetativa. L’assunzione della continua gemmazione e fioritura del linguaggio può consentire la rottura delle regole formali della narrazione prestabilita e può tradurre il fatto estetico in fatto etico. Senza deporre il compito della propria presenza a sé, il linguaggio allora, come “attualità di presenza” a sé e al mondo, apre alla militanza civile e poetica dei corpi e delle vite in trasformazione, apre al luogo plurale.
Questo intendevo dire allora con “cittadinanza poetica” – era l’alba del 2000 – e questo intendiamo dire ora.

Questo mio sguardo straniero su Chiaravalle non è comodo né accomodante, se quello sguardo abbandona, in verità, via via l’estraneità per comprendere la vicinanza. È di Marianella Sclavi l’uso del termine exotopia nella relazione d’ascolto. Condivido la riflessione che Sclavi propone: «Per “exotopia” si intende una tensione dialogica in cui l’empatia gioca un ruolo transitorio e minore, dominata invece dal continuo ricostituire l’altro come portatore di una prospettiva autonoma, altrettanto sensata della nostra e non riducibile alla nostra» (Sclavi, 2003).

Chi fa esperienza e agisce nella dinamica pubblica della partecipazione non può ignorare questo snodo.
Tuttavia chi, come alcune di noi, innerva le pratiche della partecipazione con quelle delle arti cosiddette partecipative e relazionali (auspicabilmente, ma ci vuole pure un punto interrogativo) meno retoriche di certe discorsività d’occasione e (auspicabilmente, ?) capaci di sostenere il rischio e le incognite delle attese meno prevedibili, sa che lo snodo è la parte e non il tutto. Perché nella complessità dell’abitare affettivamente un luogo, insiste anche la fuoriuscita dallo schema “soggetto” verso “oggetto” di conoscenza, per essere insieme tra soggetti, materia viva di relazione e cura. Relazione e cura reciproca come reciproca la guarigione, nella prossimità che riconosce la differenza. Per essere e fare, insieme, paesaggio.

foto crediti: Egidio Giurdanella

Paesaggio è per Chiaravalle una parola chiave. Paesaggio naturale, p. culturale, p. umano, p. sociale, p. rurale, p. agroforestale, abitato, disabitato, di margine, ludico, coltivato, incolto, indeciso, imprevisto, di soglia, cangiante, critico, paesaggio è un sostantivo tra i più inclusivi. Parola dentro la quale trova ampio spazio Chiaravalle e nella quale Chiaravalle da spazio a molte declinazioni e a nessun contrario. Qui tutto è paesaggio.

terzo paesaggio è l’associazione culturale non profit con sede a Milano-Chiaravalle, composta da un gruppo interdisciplinare raccolto attorno all’idea del paesaggio come ampio e complesso ambito di relazione, umana e non umana. Attiva informalmente dal 2013 e costituita ufficialmente nel 2015 da Marta Bertani – architetto e paesaggista – Alessandro Di Donna – progettista agroambientale e contadino urbano, oggi presidente e socio fondatore di Soulfood Forestfarms Hub Italia, Impresa Sociale – Andrea Perini – progettista culturale con esperienza nella relazione tra cultura, teatro e arti performative, territorio e comunità. Associazione Terzo Paesaggio [2] concepisce e sostiene progetti e processi di sviluppo di comunità.
Per farlo, adotta da subito pratiche culturali e artistiche di potenziamento del valore e dell’ambito relazionale, con una vocazione verso l’interpretazione di nuove esperienze di paesaggio che includono, in un osservatorio permanente pubblico, anche pratiche sperimentali di agroforestazione fino al recente MADRE PROJECT/scuola del Pane e dei Luoghi, con Davide Longoni, panificatore, capostipite dei panificatori di qualità a Milano e fondatore della rete nazionale PAU – Panificatori Agricoli Urbani. MADRE PROJECT/scuola del Pane e dei Luoghi è un progetto pioniere di formazione nella panificazione agricola urbana, per formare con i panificatori di domani i nuovi poli culturali dei territori locali.

Dopo alcune esperienze iconiche e quasi leggendarie – com’è stata, per l’intera città di Milano, quella prodotta da terzo paesaggio con l’Anguriera di Chiaravalle (2014-2016) – l’Associazione lascia nel 2016 la formula che l’ha resa riconoscibile e nota, per spostare la spinosissima questione della propria sostenibilità economica su un terreno differente, non vincolato al servizio – per quanto virtuoso – del cosiddetto “food & beverage”, ma su quello del finanziamento pubblico-privato alla cultura. Questo ha portato a riorientare la propria presenza sul luogo, verso la costruzione di un diverso livello di comunità, non esclusivamente abitante benché a quella sia prevalentemente rivolto, ma a una comunità di intenti che ha raccolto intorno a sé un sistema di fiducia e di affetti non di rado “stranieri”.

Un salto di alcuni anni e una miriade di iniziative, di decisioni e ripensamenti, di atti di coraggio e di rischio ci portano all’oggi. Si colloca in questa dimensione di luogo situato e aumentato, la tensione verso un modello economico che supera quello legato al servizio food o grant, per attivare un’economia generativa [3] di cui MADRE PROJECT intende essere la pratica pioniera.
Un percorso che ha visto in questi anni terzo paesaggio acquisire affidabilità pubblica, forza e consapevolezza del fare ed essere luogo a Chiaravalle, nonostante le criticità incontrate e i conflitti locali talvolta insanabili. Trovando una propria postura anche etica, fuori da forze che qui oscillano tra una gestione tutta localistica / familistica / identitaria di un territorio e una speculazione paesaggistica e immobiliare su scala finanziaria: forze che, in ultima istanza, si avallano tra loro. Trovando una propria postura etica anche nel dialogo con l’Amministrazione Pubblica, che in questa frangia di territorio mostra forse più che altrove la propria confusione: una scarsa comunicazione tra assessorati con visioni spesso divergenti sulla valorizzazione degli spazi a fini culturali; la mancanza di una visione consapevole su Chiaravalle-Vettabbia come quartiere laboratorio per la transizione ecologica e le comunità resilienti che non siano solo operazioni di marketing; gli slogan di una Milano metropoli agricola o Milano a 15 minuti, ma senza la proposta di un metodo messo all’opera, nel primo, o di un piano per gli spazi culturali, nel secondo, sono elementi distrattivi, incongruenti e ragione di disorientamento.

Si giunge all’oggi anche attraverso traslochi ed esercizi di nominazione. Nel 2016 l’Anguriera di Chiaravalle trasloca dall’area che l’ha vista nascere e l’ha resa iconica, al giardino del Circolo Arci Pessina.
terzo paesaggio si dispone così nel luogo più dichiaratamente conflittuale del quartiere e qui cuce un patto di coabitazione e mutuo sostegno. Coabitazione affatto semplice, soggetta a flutti umorali e a costanti riposizionamenti strategici, che tuttavia proprio per questa criticità è terreno fertile per un profondo lavoro di comunità, quello né prevedibile, né distruttivo, né consolatorio che spesso ha bisogno di sguardi esterni per togliersi da un proprio avvitamento.
Il 2016 è l’anno in cui si avvia il triennio di innesto di PREMIO IMAGONIRMIA_art residency & publishing [4] sul territorio di Chiaravalle e sui processi di placemaking in atto, quali:
Site-Specific Listening di Alessandro Perini: i cammini di ecologia sonora nel paesaggio, con i disvelamenti acustici dei suoni segreti delle piante e di altri elementi naturali o costruiti
– Chiaravalle Visual Memory di Luca Berardi: la consegna dei documenti audio-video familiari nelle mani dell’artista per la costruzione / decostruzione / ricostruzione della memoria collettiva di Chiaravalle
–  Il Giornale Ideale di Franco Ariaudo: azione autopoietica e auto narrativa degli abitanti, tra realtà, visionarietà e auspicio
79  19  88  66  Sogni d’oro, Chiaravalle di Claudio Beorchia: delicata rielaborazione dei sogni degli abitanti di Chiaravalle e Corvetto, che utilizza i tagliandi perdenti del gioco del lotto come elementi di composizione per micro-poesie legate ai numeri della smorfia.

Queste sono tutte tappe di un percorso che nell’affiancare terzo paesaggio con espliciti percorsi artistici e curatoriali, hanno reso via via familiare al luogo la possibilità di osservarsi con i propri occhi e con quelli degli altri.

Dal giardino dell’Arci si giunge, nel tempo a un altro giardino: quello attuale e all’ex palestra che vi si affaccia. In questa porzione di costruito – l’ex palestra della Scuola elementare “Amatore Sciesa”, nel cuore del borgo – e nel suo giardino, terzo paesaggio ha elaborato, ha dato forma e ha irradiato ad ampio raggio sul territorio il “progetto performativo per il paesaggio” ovvero la realizzazione di un community hub che si dà e sta al luogo come realtà territoriale e transterritoriale, come obiettivo e come processo.

foto crediti: Alessandro di Donna

Si arriva così all’estate 2021, quando nel giugno di quest’anno lo spazio dell’ex palestra e il giardino sono rinominati PADIGLIONE CHIARAVALLE e con il progetto DISCORSI SUL METODO si avvia la transizione verso il nascente centro culturale La Repubblica di Chiaravalle come base di Milano Porta Verde Chiaravalle-Vettabbia living lab.
Nel volgere lo sguardo indietro di qualche anno, appare superata la stessa definizione che terzo paesaggio aveva dato di sé, come di una realtà “che si occupa di design dei servizi per la rigenerazione dei quartieri periferici”.
Il lavoro costante di questi anni e costantemente in dialogo tra micro e macro, tra villaggio e mondo, fatto con gli abitanti, con le reti locali e nazionali, con i soggetti e le esperienze internazionali e sopra ogni cosa la pandemia da Covid-19 che mostra senza appello le drammatiche conseguenze dell’ottusa separazione tra presenza umana e terra oltre che tra le diverse specie viventi, rende semplicistica oggi questa schematizzazione. Parole come “design” e “periferia” sembrano appartenere a un’altra epoca. Oggi appaiono piuttosto i “centri” il nuovo margine. Il capitalismo finanziario si sposta anch’esso, lascia nelle città i grandi poli svuotati dalle proprie funzioni di servizi, infrastrutture, affari, e si manifesta nei roghi di impronta mafiosa che sottrae la terra a chi l’abita e la lavora.

foto crediti: Alberto Martin
foto crediti: Alberto Martin

Resta invece un punto di riconoscimento ancora necessario, il dire di sé che terzo paesaggio sperimenta un metodo di lavoro detto progetto performativo di trasformazione urbana, per attivare la comunità locale; perché “sperimentare la trasformazione” ci pare ancora, e più che mai, una indicazione di presenza e di senso.
A patto che ci si impegni a intendere con “performativo” non la prestazione ma la condizione aperta, il luogo in cui l’eventualità è all’opera, cioè in cui il possibile accoglie l’impossibile ovvero – derridianamente – l’invenzione, la promessa, l’ospitalità, l’amicizia, come parti in gioco. O, in altri termini – per riprendere il pensiero economico di Marjorie Kelly – a patto di considerare quella trasformazione sociale che porta da un’architettura (e un’economia) proprietaria ed estrattiva, a un’architettura (e a un’economia) generativa.

Dunque sulla “trasformazione” occorre ancora stare in allerta e vigilare, perché facilmente questa si manifesta come scenario e bottino di nuovi saccheggi. In allerta, con gli strumenti di quella politica che sappia fare tesoro della poesia che poi è già, in sé, parte delle micropolitiche del quotidiano.
Alla domanda “che cos’è la poesia”, Valerio Magrelli risponde “è l’allarme della parola per l’allerta della lingua”. Penso a quei segnali che informano i camminanti a ridosso dei pascoli o ad altri, in prossimità dei tralicci, che portano scritto “pericolo e penso che poeta sia ogni creatura sensibile a quel testo. Poesia è conoscere la tensione dei luoghi. Chi sceglie la poesia, chi sceglie di abitare affettivamente, sceglie di stare nella zona di allerta e d’allarme, di conoscere un ma, di applicarsi all’avversativa.

In questo tempo pandemico, il rapporto di metà anno di Associazione Antigone denuncia che l’Italia ignora l’Onu sul rispetto dei diritti umani dei detenuti. Nelle carceri italiane oltre le torture c’è un forte sovraffollamento, carenza d’acqua, i colloqui sono sospesi. Fuori da casa nostra, ad esempio nei campi di raccolta umana libici affacciati sul Mediterraneo, vige la regola dell’orrore con delitti, torture, stupri perpetrati a donne e uomini in fuga da guerre, catastrofi climatiche, desertificazione, siccità, carestie, fame. Fuori da casa nostra, ad esempio in Afghanistan, si consumano sulle vite delle donne e degli uomini le alleanze finanziarie di potenze mondiali che occupano le diverse scacchiere del profitto.

A Chiaravalle, la pagina della social street degli abitanti, un mix di soggetti perlopiù mai visti in quasi dieci anni di lavoro a Chiaravalle, esce dall’ombra e invoca misure di sicurezza e decoro pubblico. L’assillo mai sopito dei marciapiedi e dell’immondizia, la caccia al rom, sposa la propaganda politica delle destre.

È stato già detto: occorre fare un lavoro sul linguaggio.

Era l’inizio del 2019 quando, in concerto con LABSUS_Laboratorio per la sussidiarietà, terzo paesaggio avviava VERBA. Più esteso e complesso in verità, il titolo, che tuttavia la parola singola ci aiuta a evocare e riconoscere.
I mesi di VERBA sono stati, in un certo senso, la fase liminale di un movimento collettivo carsico. Con questo progetto realizzavamo a Chiaravalle quella che oggi ci pare essere stato l’avvio dell’attuale fase di trasformazione. Diventato poi, nella propria testimonianza documentale, VERBA vs XENITEIA, il progetto riconosceva nel linguaggio e nel cammino i campi di forza da mettere in tensione tra loro e da mettere in comune tra abitanti. Da qui, l’“attraversamento si è dato come pratica conoscitiva e spazio nuovo del diritto. Al paesaggio, al linguaggio, al cammino, la comunità attiva di Chiaravalle ha riconosciuto un ruolo nei processi di riflessività interna ed esterna a sé.

foto crediti: Egidio Giurdanella
foto crediti: Team Panificio Davide Longoni

Così si scriveva allora, nel documento collettivo VERBA vs XENITEIA:
«[…] Nell’osservare Chiaravalle e nel mettersi in ascolto dei suoi spazi, delle sue voci e narrazioni, emerge costante da parte degli abitanti, sotto forma di scontento, denuncia o semplice constatazione – riconfermandosi ogni volta, benché di volta in volta ridefinendosi – una mancanza. Riconosciuta quasi all’unanimità dagli abitanti incontrati, nonostante le differenze di età, di conformazione familiare, d’interessi culturali e profili lavorativi, la mancanza dichiarata è mancanza di comunità. Il progetto VERBA • usare il linguaggio per rinnovare le parole, precede, consente e avvia, con la mediazione giuridica di LABSUS_Laboratorio per la sussidiarietà, la scrittura di un “Patto di collaborazione” tra abitanti e Comune di Milano. Il progetto si è mosso per trasformare una condizione denominata mancanza e dichiarata come vuoto, in spazio simbolico del pieno, da accendere e illuminare sul piano valoriale e rendere capace di traghettare il simbolico verso il concreto e il reale. Lungo questa rotta, lo spazio linguistico di VERBA • si è tradotto in azione pratica che chiamiamo XÉNITEIA • carta novissima dei sentieri. 
Il Parco della Vettabbia – che si sviluppa all’interno del Parco Agricolo Sud Milano, nelle aree antistanti all’Abbazia di Chiaravalle e fino all’impianto di depurazione delle acque di Nosedo – può veicolare forme contemporanee di accesso e fruizione; può aprire a un sistema non antropocentrico nell’alleanza tra umano, animale, vegetale, minerale e tecnologico.  In un ambiente paesaggistico di grande valore e specificità come Chiaravalle, noto nel corso dei secoli in Italia e in Europa per il pregio dell’Abbazia e del Borgo e per la cultura agricola della sua campagna, la dichiarata mancanza di comunità da parte degli abitanti allude e richiama a una comunità perduta, basata non tanto su identità rigide, quanto sulla capacità di fare storicamente rete e sistema, anche di mutuo sostegno, tra identità plurali e tra persona e natura. Chiaravalle conosce e pare avere nel proprio DNA, la questione delle provenienze.
Qui le genti sono sempre venute da altrove e il mito del radicamento pare non corrispondere né al Borgo né all’Abbazia, che pure consapevole dell’aura che questa riversa da secoli su tutto il Borgo, non disconosce la vocazione – presente anche (tanto nell’antica quanto nella contemporanea) comunità monastica – alla mobilità, alla viandanza, allo spostamento.
“Che il paesaggio possa essere attraversato”. Questa semplice dichiarazione ha il nitore di un manifesto.
Fondamentale in un tempo in cui il paesaggio è materia tra le più aggredibili, privatizzato, reso leva finanziaria appetibile ad altissima manipolazione retorica, oggetto di consumo e speculazioni; e in un tempo in cui parole come “sostenibilità” e “sviluppo” sono usate come caricatura di sé stesse nella negazione dei valori che potrebbero e dovrebbero rappresentare. La comunità temporanea di Chiaravalle coinvolta nel Patto di collaborazione con il Comune di Milano, intende riconquistare e difendere l’attendibilità linguistica di questi valori. Dalla parola al cammino, il passo è breve e diventa andatura.
La comunità temporanea riunita intorno alla costruzione del Patto per Chiaravalle, dichiara che l’andare, l’attraversare, sono atti militanti di presenza» [5].

La pista del linguaggio non sarà abbandonata.

Va in questa direzione il denso lavoro realizzato con il Lessico di Chiaravalle [6] in tempo pandemico.
Nemmeno un anno dopo lo spazio linguistico, operativo e giuridico di VERBA, il mondo si sarebbe ritrovato dentro casa nella morsa del primo lockdown da Covid-19.
In mesi di comune ammutoliménto, Lessico di Chiaravalle riaccende la prossimità tra i corpi nella lingua e lì accade il patto “performativo” che dicevamo prima: l’eventualità è all’opera, cioè il possibile accoglie l’impossibile e l’invenzione, la promessa, l’ospitalità, l’amicizia, sono parti (sono le politiche) in gioco.

Nel giugno 2021, DISCORSI SUL METODO [7] è uno dei primi progetti pubblici di terzo paesaggio dopo il primo e il secondo lockdown. Nel raccogliere l’eredità di VERBA e di Lessico, si pensa di nuovo il linguaggio come spazio politico, collettivo, educante.

DISCORSI SUL METODO muove diversi livelli. Da una parte rinomina un luogo e, nel farlo, smitizza il sistema dell’arte contemporanea di cui comunque è parte, lo fa proprio e fa atterrare in uno spazio informale e di fatto conteso tra più istanze pubbliche e private (quei campi di forza ai quali è stato accennato sopra), la formalizzazione delle poetiche attive in corso a Chiaravalle e in altre parti di Milano, d’Italia e d’Europa. D’altra parte, condivide con gli abitanti dei quartieri Chiaravalle e Corvetto e con la città, lo stato dell’arte di terzo paesaggio quindi il lessico che ne informa il discorso pubblico.

Nel corso di un paio di mesi – maggio, giugno – DISCORSI SUL METODO testimonia, sollecita, organizza, pone fuori da sé otto sguardi situati su Chiaravalle e Corvetto, dando così forma a un progetto audio, più estesamente di publishing in senso diffuso e performativo. Il suo esito multisensoriale, è un luogo abitato e da abitare attraverso informazioni testuali e audio, fruibile sia sul posto, sia – grazie a dispositivi portatili che stanno nel palmo della mano – in cammino, nei luoghi del neonato Padiglione, nei giardini e nei parchi rigenerati del paesaggio Chiaravalle tra alberi, rogge e canali.
Il discorso-luogo si riconfigura in seguito con tre lezioni aperte, pensate come percorso formativo e auto-formativo che interpreta e dichiara “educazione” e “cultura” come “politica urbana”.
I discorsi esposti in voce sono di Alessandro Di Donna, Davide Longoni, Claudio Calvaresi, Marta Bertani, Daniela Rocco, Andrea Perini, Francesca Cognetti, Valentina Bertoli. Figure attive in terzo paesaggio o che vi orbitano e che la osservano da ambiti differenti: coinvolte nei complessi habitat e habitus della rigenerazione urbana a base culturale, qui sono chiamate alla testimonianza della visione trasformativa di Chiaravalle come borgo-quartiere resiliente che guarda a Corvetto come realtà contigua e connessa.
Il tema della visione di borgo-quartiere resiliente proposta da terzo paesaggio per Chiaravalle, impatta su Corvetto nelle forme del mutualismo tra due realtà che consapevoli delle diverse forme di marginalità – dalla povertà abitativa, alla dispersione scolastica degli adolescenti – ma anche delle rispettive potenzialità – ricchezza dell’interculturalità, sperimentazioni didattiche, uso degli spazi dismessi, produzione culturale, coltivazione agricola non convenzionale – si pensano entrambe in trasformazione nella risignificazione di reti solidali.

Ne è emersa una polifonia di voci che, posta ulteriormente in dialogo con i protagonisti delle lezioni aperte – l’urbanista Maurizio Carta, la filosofa e geografa Tiziana Villani, il paesologo e poeta Franco Arminio – ne ha nutrita un’altra, facendo il punto e allo stesso tempo tenendo aperta quella prospettiva trasformativa sul fare ed essere luogo che terzo paesaggio si da come lavoro militante. 

Le grafiche che seguono [8], nell’esecutivo di Egidio Giurdanella, sono le stampe esposte a PADIGLIONE CHIARAVALLE dal 22 maggio al 30 giugno 2021 come parte dell’installazione.

Gli otto contributi audio di
DISCORSI SUL METODO

Note
[1] «L’io dissolto si apre a una serie di ruoli, in quanto fa salire un’intensità che già comprende la differenza in sé, l’ineguale in sé, e che penetra tutte le altre; attraverso e nei corpi molteplici. Vi è sempre un altro soffio nel mio, un altro pensiero nel mio, un’altro possesso in ciò che possiedo, mille cose e mille esseri implicati nelle mie complicazioni: ogni vero pensiero è un’aggressione». (Deleuze, 1975, 1984, 2005).
[2] Converge su terzo paesaggio anche la visione di Daniela Rocco, già consulente per produzioni editoriali sui temi della sostenibilità, che con imondidelmondo ha condotto – negli anni 2000 – iniziative per Chiaravalle sostenibile.
[3]  Si veda il lavoro di Marjorie Kelly sulla economia generativa e human ecology.
[4] Qui le tracce delle prime tre edizioni situate a Chiaravalle, del bando internazionale Premio IMAGONIRMIA, di Ass. IMAGONIRMIA di Elena Mantoni, realizzato in collaborazione con FARE e FRIGORIFERI MILANESI
Alessandro Perini
Chiaravalle Visual Memory 
Art in Residence
[5] Il documento completo è accessibile a questo LINK
[6] Lessico di Chiaravalle completo qui: in Alfabeto Pandemico di cui è parte costitutiva invertendone tuttavia, radicalmente, la dinamica di presa di parola. Qui il Lessico con le illustrazioni di Marianna Frangipane.
[7] Gli otto contributi audio possono essere ascoltati alla fine di questo articolo, e sono scaricabili a questo LINK
[8] Le grafiche sono leggibili e scaricabili in formato pdf a questo LINK

Bibliografia

Deleuze G., Logica del senso, Feltrinelli, Milano 1975, 1984, 2005.
Sclavi M., Arte di ascoltare e mondi possibili, Bruno Mondadori, Milano, 2003

Isabella Bordoni 1962, Rimini. Autrice, artista. Attiva dal 1985 nella scena nord europea delle arti performative, mediali e radiofonia di ricerca, dove opera con progetti propri e collettivi. Collabora in Italia con Terzo Paesaggio e con Viaindustriae, Collettivo Amigdala/Ovestlab, Dynamoscopio (2010-2015), oltre che con Comuni, Enti, Accademie, Università. Cura il Premio IMAGONIRMIA “spostamento variabile” art residency & publishing che ha ideato nel 2016 per e con Associazione IMAGONIRMIA di Elena Mantoni.