anno 7, n. 26 settembre – dicembre 2017 [ Network is the Message

Anno VII, n.26 settembre– dicembre 2017
Network Is The Message

a cura di Carolina Farina

 

Se il medium condiziona il messaggio […], allora in internet, medium basato sulla creazione di reti di connessioni, il messaggio diventano le reti sociali1.

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Virtual Community e networking, l’imperativo è “fare rete”. Il sistema su cui è basato il World Wide Web ha privilegiato sempre di più la filosofia del peer-to-peer (caratteristica dell’etica hacker).

La tecnologia mediatica nell’era del web 2.0 si è fatta ambiente, immersivo e immateriale, nel quale la comunicazione è il fulcro regolatore della vita al suo interno.

In questo spazio l’individuo partecipa come autore di tutte le dinamiche relazionali, peculiari della vita offline, non solo replicandole, ma traducendole attraverso un’interfaccia dal linguaggio multimediale.

La comunità virtuale2 rimette in discussione il concetto di “realtà” avendo l’urgenza di considerare tutta quella sfera dell’esistenza individuale e collettiva, che si svolge all’interno dello spazio web, dove i confini corporei, geografici, temporali e identitari sono rarefatti e si configurano nuovi codici espressivi, iconografie, narrazioni e sensorialità.

Nella rete ciascun individuo è chiamato a (ri)definire la propria presenza posizionandosi in una rappresentazione data dall’insieme di informazioni che con essa decide di condividere: «Il fruitore diviene uno dei protagonisti di un evento che lo investe sia a livello cognitivo che percettivo, potendo quindi prendere in mano il processo di creazione e trasmissione delle informazioni, attraverso un feedback diretto con il medium»3.

La sensibilità dei social network nei confronti delle informazioni fornite dagli utenti si esprime in un processo costante di negoziazione e adeguamento mirato alla creazione di esperienze gratificanti attraverso la manipolazione delle percezioni e degli immaginari.

Come si sono modificate le relazioni sociali e la condivisione dei saperi della vita analogica una volta consegnate alla mediazione dell’interfaccia informatico? Quali sono le potenzialità creative e le criticità di questa intelligenza connettiva fondata sull’interscambio di conoscenza, a partire da affinità di interessi e passioni, nella quale prendono la parola anche tutte quelle singolarità marginalizzate dalla comunicazione dei media tradizionali? Questo “fare rete” assume diverse funzioni e significati a seconda dei soggetti, formando comunità dalle quali emerge una sempre più peculiare diversificazione e frammentazione di obiettivi, di culture e di linguaggi. Sono d’esempio differenti movimenti politici e attivisti che hanno eletto, sin dai suoi esordi, lo spazio virtuale come piattaforma privilegiata di discussione, di concentramento e in alcuni casi anche di azione sovversiva.

Il processo connettivo-virtuale con gli altri nodi diventa imprescindibile nella formazione di un’identità (singolare e comunitaria) disseminata attraverso differenti dispositivi tecnologici integrati a quello corporeo, mentre la definizione di “collettività” diventa sempre più problematica e complessa. Il riconoscersi in un “noi”, oltre l’essere compresenti nello stesso luogo etereo, resta in bilico tra “l’appartenere” e il “prendere parte” quando ci si muove con fluidità tra la specificità, talvolta alientante, delle fanbase e i populisti #jesuis.

In un contesto in cui chiunque, con a disposizione la tecnologia necessaria, è investito del potere di creare contenuti per diffonderli nella rete l’utente assume un nuovo ruolo: non solo autore, ma controllore. Autorialità e autorità parcellizzate, unite a relativizzazione e condivisione del potere in nome di una dichiarata orizzontalità: come si articola la libertà di espressione nelle dinamiche sociali che si creano nel cyberspazio? Come si possono affrontare hate speech, troll e cyberbullismo, fenomeni di una cultura della violenza che nella virtualità ha trovato un habitat ottimale in cui radicarsi? Emerge quanto a essere presa in causa dai social media sia, sempre di più, la sfera emozionale dell’individuo che, amplificata dalla virtualità, diventa un potentissimo strumento di aggregazione. In questi processi si percepisce il delinearsi di una memoria collettiva, ipertestuale, multimediale e multisensoriale, alla quale partecipa contemporaneamente a livello globale l’intera popolazione della rete.

Attraverso quali espedienti le pratiche artistiche s’inseriscono all’interno di questi processi, e quali interessi possono spingerle a insinuarsi mimeticamente nelle strategie relazionali della rete? Si può immaginare l’eredità di attivisti e artisti della scena cyberpunk reinvestita dagli utenti stessi in micro-azioni critiche, creative di détournement e rivoluzione nella quotidianità delle comunità virtuali?

1 de Kerckhove D. (Prefazione) in T. Bazzichelli, Networking. La rete come arte, Costa&Nolan, Milano 2006.
2 Secondo il termine “Virtual community” coniato da Howard Rheingold nel libro omonimo. H. Rheingold, The Virtual Community: Homesteading on the Electronic Frontier, MIT Press 2000.
3 Bazzichelli T., Networking. La rete come arte, Costa&Nolan, Milano 2006, p. 94.