§Adolescenze
Minori accompagnati.
Un’istantanea sfuocata
di Anna Chiara Cimoli

Arriviamo all’aeroporto presto: io dal Cairo in taxi; il mio amico da un’altra città, tre ore di viaggio verso Sud. L’auto su cui viaggia è tutta di uomini; su altre macchine, guidate da zii e fratelli, arriveranno, chissà quando, le donne. Ci incontriamo subito, miracolosamente. I bambini mi guardano con occhi enormi, ridendo: sono una stranezza, un’eccezione nella loro trama. Vogliono fare delle foto insieme.

Dov’è tua mamma? Chiedo al mio amico.

Non so, staranno cercando parcheggio. L’ho già salutata. Andiamo.

Così ci avviamo verso Milano, dove lui è arrivato come minore non accompagnato qualche anno fa. Iniziano i controlli, estenuanti, a colpi di mance e code lunghissime (lui), una corsia veloce per europei (io). Fra molte false partenze, dopo un paio d’ore ci avviciniamo al gate.

Giriamo una curva, l’altra e l’altra ancora, tapis-roulant e bivi. A un certo punto lo sguardo cade, per puro caso, in basso a destra. Una famiglia sta seduta sulle panchine fuori dall’area partenze. 

Sono loro? 

Sono rimasti ad aspettare tutto questo tempo, senza sapere se ti avrebbero visto?

Egitto

Quando ci vedono scattano in piedi ed ecco quello che succede: mano all’orecchio – chiamami, ti chiamo, ci sentiamo – i bambini saltano, il papà sta in mezzo fermo come una statua ed è bellissimo. La mamma mette la mano sul cuore e saluta, saluta e mette la mano sul cuore (noi appoggiamo le mani sul vetro). Il figlio maggiore le tiene una mano sulla spalla, lo intuite? Tutti collegati in una coreografia di gesti e di sguardi che dura pochi secondi. Questo è accompagnare, questo nutre le vene e incanala il fluire del sangue e accompagna le sere i colloqui i pensieri e la doccia e fai da mangiare, il “come stai Anna”, paterno, e l’igiene delle giornate, e il non disperare mai.