§Adolescenze
SCONFINAMENTI:
pratiche e linguaggi creativi per e con adolescenti nell’esperienza delle Politiche per giovani del Comune di Bergamo
di Arianna Lenzi, Giorgia Semperboni e tutto il team Politiche per giovani del Comune di Bergamo

La visione che ha guidato la stesura di questo testo è quella di una continua e libera valorizzazione delle diversità. In funzione di ciò, si è cercato di prediligere, dove possibile, locuzioni quanto più comprensive delle identità plurali, comprese quelle di genere. Nonostante questa attenzione, in alcuni casi, per favorire la fruizione del testo, si è dovuto rinunciare a perifrasi neutre e scegliere, invece, la doppia declinazione di genere.

Origine della ricerca: da dove partiamo? 

Le Politiche per e con giovani abitano e attraversano contesti che, per loro natura, attuano continue ridefinizioni e stravolgimenti. Sceglierle per lavoro significa confliggere con un duraturo senso di incertezza (un uncanny difficilmente traducibile se non con lo straniamento del trovarsi di fronte alla soggettività) in cui il qui ed ora sfugge, è sempre un po’ più in là del tempo della progettazione. È il corpo vivo e mutevole dell’adolescente.
Come operatrici delle Politiche per e con giovani del Comune di Bergamo sentiamo l’esigenza di interrogarci sul nostro ruolo, sull’efficacia del nostro operato e sul suo impatto all’interno dei contesti sociali giovani del territorio.
In barba allo straniamento, il nostro lavoro ci porta costantemente a essere immerse nell’operatività di rincorsa e nell’esperienza concreta, perdendo di vista il senso, il valore e gli effetti che stanno dietro a un’azione.

Questa
call for papers ci ha finalmente permesso di prendere del tempo per interrogarci su che cosa facciamo e su come lo facciamo, abbandonando l’idea di scrivere sul che cosa e sul chi vediamo nelle comunità di giovani, grazie a un suggerimento presente nella call for papers: “quali energie si preparino a una ridefinizione radicale dei rapporti intergenerazionali e come riaprire il canale di comunicazione per facilitare questa ridefinizione, non importa quanto conflittuale”.
Senza pretendere di parlare per, né di parlare di giovani, ma col desiderio di fare spazio al lavoro quotidiano del nostro servizio come terreno su cui si snoda quel tentativo di ridefinizione dei rapporti intergenerazionali, proponiamo qui l’inizio di un dialogo in itinere, che faccia del confronto, del conflitto, ma anche delle partnership, la costante delle Politiche per e con giovani a Bergamo. Resta la consapevolezza che stiamo proponendo un avvio dei lavori, che richiederà l’impegno e la determinazione del nostro gruppo per farsi pratica ricorsiva e generativa.
Alla luce di queste sollecitazioni, ci siamo chieste che tipo di rapporti instauriamo con giovani e la loro efficacia. Il desiderio è quello di partire dall’approccio relazionale utilizzato da operatori e operatrici per capirne le spinte intrinseche e cogliere le attitudini personali per valorizzarne le capacità. Quali modalità di lavoro condividiamo? Sappiamo rendere le conoscenze di ognuno e ognuna un repertorio condiviso?

Da subito ci è parsa chiara la necessità di adottare una postura che ci consentisse di essere operatrici e colleghe immerse nel ruolo; ma, insieme, necessitavamo di una forma di estraneità fruibile, di un distanziamento proficuo per la ricerca. Occorre stare nelle Politiche per giovani per comprenderne le dinamiche, ma occorre anche trovare il giusto spazio per poter ragionare sulle pratiche quotidiane, sull’oggetto vivo e mutevole del nostro lavoro. Quel giusto spazio si è rivelato essere lo spazio di confine.
Il confine è la chiave di lettura dell’intero lavoro in queste pagine:  riconosciamo lo sconfinare come fil rouge dell’interrogazione che abbiamo qui condotto. Uno sconfinamento che intendiamo essere pratica di attraversamenti, metodo di indagine in(ter)disciplinare, ma anche quel posizionarsi sui margini che ci consente di scoprirli fluidi e in divenire. Nei confronti e nell’analisi ci è parso chiaro che questa postura non sarebbe stata solo un approccio alla ricerca, quanto l’oggetto stesso: le Politiche per e con giovani come spazio di confine che può (ha il potere e il potenziale di) strutturare la possibilità dell’«apertura radicale» (hooks, 1998), dove possiamo contrattare e ricostruire, muoverci tra il centro e tra tanti, diversi margini. Èda qui che partiamo.
Ci guida bell hooks, che in Choosing the margin as a space of radical openness già nel 1989 sfidava a ripensare il margine come spazio di creatività, di radicale possibilità e di resistenza. Nella sua analisi abbiamo trovato le parole per raccontare e raccontarci nell’esperienza concreta della sperimentazione e dei continui riadattamenti che caratterizzano il nostro lavoro. 

Del resto, se «to be in the margin is to be part of the whole but outside the main body» (p. 20), non possiamo non vedere l’analogia con il ruolo che occupa l’adolescenza in Italia oggi. Al centro di discorsi, provvedimenti e preoccupazioni securitarie, al margine di ogni reale intervento volto a concedere spazi e parola. E da qui, non possiamo non chiederci che potere stiamo esercitando nel progettare i servizi delle Politiche per giovani a Bergamo e come stiamo usando quel potere. Quali scenari di possibilità stiamo disegnando? Riusciamo, come auspicherebbe hooks, a incontrare le adolescenze al confine, nel loro spazio di margine, dove possono vedere le cose diversamente? Sappiamo ascoltare davvero le loro parole senza colonizzarle?
Alcuni chiarimenti: citando hooks abbiamo citato the main body made up of both margin and center, e non a caso. Vorremmo proporre di considerare le Politiche per giovani come un organismo, con un approccio ecologico che possa aiutarci a riconoscere davvero le connessioni tra le parti e il tutto. Proprio perché «l’ecologia opera con sistemi aperti che includono il flusso di materia, di energia e di informazione attraverso i confini» (Merchant, 2019, p.39), possiamo permetterci di sospendere la ricerca di soluzioni impossibili per concederci di sbagliare, per riconoscere il caos, dargli spazio, e provare a costruire significato, provare a costruire alleanze nell’incertezza.

Inoltre, parliamo di adolescenze, consapevoli che non se ne possa dare una definizione, perché «non tutte le adolescenze sono uguali» (Lizzola, 2019, p. 114). Del resto, non riteniamo necessario, in questo lavoro, definire le adolescenze, quanto, invece, capirne le complessità. Abbiamo a che fare quotidianamente con una fase della vita che, nel suo darsi, è in effetti essa stessa uno sconfinamento: è «il passaggio oltre l’infanzia verso la vita adulta, come stagione per sperimentare, per re-incontrare. In posizione eretta, a volte controvento, con capacità di scoperta, di svolta, di cambiamento, di sogni e desideri. Con senso della realtà e occhi capaci di vedere orizzonti» (ivi, p. 119). Quali orizzonti consentiamo e ci consentiamo di vedere con il nostro lavoro?

Come accennato, l’oggetto di questo lavoro è il corpo vivo delle Politiche per giovani a Bergamo, che vogliamo leggere e analizzare criticamente alla luce di alcune delle esperienze sul campo. Per provare a partire dal sé, scegliamo l’operatività dei servizi, il nostro quotidiano, come punto di partenza che ci possa guidare a comprendere meglio l’impatto e il sistema valoriale implicito. Non ci poniamo come obiettivo l’analisi dei risultati misurabili, ma il come e il perché dell’azione di operatori e operatrici. Uno dei punti chiave della ricerca è proprio quello di capire come, nel lavoro che facciamo, le attitudini personali siano centrali e come queste contribuiscano all’efficacia dell’azione. Fa da sfondo la consapevolezza che il nostro lavoro si basa sulla relazione con persone che stanno attraversando quella fase delicata, di passaggio, di cui abbiamo accennato sopra. In costante mutamento, questa fluidità ci costringe a fronteggiare l’incertezza e lo straniamento senza mai una prassi, ma con approcci interdisciplinari e, ci piacerebbe dimostrarlo, indisciplinati.
Per questo motivo non ci siamo date un reale metodo di analisi: l’obiettivo non è ritrovarci nella disciplina, quanto infrangere, mescolare e rifrangere, saper vagare tra le molteplici domande che ci sono sorte e saper interrogare le sperimentazioni che conduciamo alla luce di queste, lasciando spazio all’azione critica e alla logica del fallire come parte attiva del processo di progettazione (hooks, 2020).

Elenchiamo qui le domande che ci risuonano:

  • Con quale postura stiamo nelle relazioni che instauriamo e nella progettazione?
  • Di fronte allo straniamento, sappiamo cogliere davvero la complessità del mondo delle e degli adolescenti? Sappiamo incontrarle e trovarci in questa complessità? Haraway (2019) parla di simpoiesi, di fare-con, per resistere all’incertezza: ci riguarda?
  • Se le Politiche per giovani sono spazio di confine, come curiamo questa possibilità creativa? Stiamo condividendo questo spazio con le adolescenze, potenziandole e abilitandole, come ci auspichiamo sia?
  • Che potere abbiamo nel disegnare gli scenari e l’offerta dei servizi a Bergamo? Come lo usiamo? Percepiamo il rischio di sovradeterminare i bisogni? Ce ne guardiamo?
  • Stiamo costruendo intorno e per i nostri servizi l’etica di partnership di cui parla Carolyn Merchant, «fondata sul concetto di relazione, piuttosto che di ego, società o cosmo» (Merchant, 2012, p.43)? Diamo spazio ad alleanze che corrispondano a «una nuova forma di discorso cooperativo» (ivi, p.46)?

Proponiamo, quindi, due casi studio che proveremo ad analizzare alla luce di queste premesse e di questi fattori di indagine. Vorremmo fare di questa ricerca un passo iniziale per condurre un’interrogazione, costante e condivisa, sulle modalità, sui posizionamenti, sugli spazi con cui costruiamo i nostri interventi. 

 

Contesto

Ci sembra fondamentale fornire alcune note di contesto sull’organizzazione e governance interna delle Politiche per giovani a Bergamo, che comprendono diversi servizi e realtà coinvolte. 

Le Politiche per giovani del Comune di Bergamo operano in relazione all’Ambito Territoriale 1 [1] e, per il quinquennio 2022-2026, la procedura di gara è stata vinta da quattro soggetti costituiti in ATI [2]: Consorzio Sol.Co Città Aperta, in qualità di ente capofila, HG80 coop. soc. impresa sociale, Consorzio R.I.B.E.S. e DOC Educational coop. soc.

I servizi delle Politiche per giovani a Bergamo comprendono diverse traiettorie: 

  • Territorialità: le azioni che intrattengono relazioni dirette con le e i giovani in una dimensione prettamente territoriale (Spazi Giovanili di Quartiere, spazi di somministrazione creatività, volontariato, partecipazione e scuole);
  • Scuole Aperte: con obiettivo di rendere le scuole secondarie di primo grado spazi ricchi di esperienze e aperti oltre il normale orario didattico; 
  • Informagiovani: servizio dedicato all’accompagnamento alle scelte e all’orientamento della cittadinanza under 30;
  • Progettualità: progettazione e partecipazione a bandi, che consente di ottenere diversi finanziamenti e di sviluppare esperienze e metodologie, di ampliare la rete di partnership territoriali e di conoscere meglio le aggregazioni giovanili e singol* giovani, aprendo nuove opportunità di collaborazione; 
  • Giovani Onde: progetto di educativa informale e educativa di strada che ha l’obiettivo di conoscere e costruire relazioni con gruppi di adolescenti e giovani che si aggregano liberamente. 

 

CATCH ME NOW [3]

Catch me now è uno dei progetti vincitori del bando Giovani SMART (SportMusicaARTe) di Regione Lombardia [4]. Il progetto ha previsto l’intercettazione di giovani, con un focus particolare a giovani NEET [5], attraverso incursioni in strada e spazi pubblici, con l’obiettivo di proporre laboratori gratuiti di street art, rap/trap/drill, hip hop, parkour, teatro/performing e aikido. Il progetto si concluderà a ottobre con una performance collettiva finale che prevederà una restituzione delle esperienze laboratoriali.

Distribuzione del materiale informativo riguardo i laboratori gratuiti di Catch me now durante la prima incursione performativa che ha avuto luogo in Piazzale degli Alpini il 24 febbraio 2023, copyright Bergamo per giovani.

Gli spazi pubblici, i linguaggi performativi e la relazione come strumenti di coinvolgimento

Le intercettazioni avvengono attraverso un linguaggio e una comunicazione creativa e di coinvolgimento. Tale linguaggio si traduce in azioni performative all’interno di contesti aperti. Grazie a un lavoro di coordinamento con le diverse realtà delle Politiche per giovani del Comune di Bergamo, sono stati individuati degli spazi chiave, scelti perché spazi abitati e attraversati da giovani alla fine dell’orario scolastico o durante momenti di aggregazione nel weekend. Gli spazi dove sono avvenute le incursioni performative sono spazi pubblici: piazze di fronte a istituti scolastici, fermate del tram, stazione dei treni. Questi spazi sono luoghi di sconfinamenti tra, per esempio, il mondo scolastico e quello del tempo libero. Sono luoghi di passaggio dove treni e autobus sono una presenza costante e, quindi, per loro natura sono luoghi di attraversamento.

La scelta di tornare fisicamente in strada e di riappropriarsi dello spazio pubblico ha permesso di riportare il potere del servizio delle Politiche per giovani dai margini digitali al centro esperienziale della strada. Si è cercato di abitare luoghi di margine, di sconfinamento tra una scuola e una stazione dei treni, tra una piazza e una pensilina del tram.

Azioni performative di street art e rap condotte da giovani coinvolti dal servizio delle Politiche per giovani del Comune di Bergamo durante la prima incursione performativa che ha avuto luogo in Piazzale degli Alpini il 24 febbraio 2023, copyright Bergamo per giovani.

Le azioni performative di coinvolgimento sono state guidate da espert* professionist* e giovani con più o meno esperienza nei settori di interesse creando un’ibridazione di competenze e approcci che ha permesso di attivare e rendere protagonist* giovani nello strutturare un’incursione eterogenea e ricca. Si è quindi adottata una postura ecologica abilitando giovani adolescenti nella libera espressione e creando uno scambio tra persone dove la relazione ha creato le possibilità di una nuova narrativa di essere umano in relazione al mondo. In Feminism and the Mastery of Nature (1993) la filosofa Val Plumwood argomenta che la relazione dovrebbe essere la base per una nuova storia radicata nella continuità e nella diversità, piuttosto che nell’autorità e nella colonizzazione: «Il relazionale auto-delinea la struttura generale di una relazione di rispetto, amicizia o cura per l’altro» (Merchant, 2012, p.43). Il valore della relazione è emerso in più momenti durante le incursioni come, per esempio, il confronto spontaneo tra i e le rapper che cantano in spagnolo e improvvisano una battle di danza con il gruppo di preadolescenti della scuola di hip hop [6] .

L’approccio integrato ritorna anche nella presenza di operatori e operatrici di diverse aree del servizio delle Politiche per giovani che, insieme, hanno partecipato al coinvolgimento e ingaggio di giovani. Per esempio, la presenza di operatrici di Giovani Onde è stata significativa e fondamentale in quanto esse conoscono i luoghi delle incursioni performative, le persone che frequentano tali spazi e la comunicazione più efficace da adottare per creare una relazione onesta e non colonizzante. 

La prossimità, l’esserci e l’esperire direttamente in strada le attività proposte ha permesso un alto numero di iscrizioni (107 iscrizioni effettuate) tuttavia c’è stato un alto tasso di drop out arrivando quindi all’effettivo numero di 50 partecipanti ai laboratori proposti. Il fenomeno di abbandono e, quindi, la difficoltà e il divario che si verifica tra l’attivazione e coinvolgimento iniziale di giovani rispetto alla tenuta durante il percorso, è una delle difficoltà maggiori che si presenta in numerose progettualità delle Politiche per giovani.

Presentazione del progetto Catch me now durante la prima incursione performativa che ha avuto luogo in Piazzale degli Alpini il 24 febbraio 2023, copyright Bergamo per giovani.

Un’altra fragilità presente nella proposta del bando stesso consiste nella difficoltà di rintracciare e individuare NEET, in quanto non esiste un sistema di registrazione come, per esempio, il servizio minori con fragilità. Molt* giovani NEET non si trovano in spazi aggregativi pubblici e, quindi, anche attraverso l’educativa di strada, diventa difficile mappare quant* siano e quali siano i loro bisogni. Di fronte a tale difficoltà si è cercato di lavorare in un’ottica di alleanze che ha permesso «il flusso di materia, di energia e di informazione attraverso i confini» (Merchant, 2012, p.39) attraverso l’ingaggio di 21 realtà del territorio che lavorano con minori. Ciò ha permesso di allargare la diffusione delle proposte non solo a chi ha assistito alle incursioni performative ma anche a chi vive in strutture, frequenta centri diurni o presenta fragilità socio-relazionali.

Un ulteriore elemento di forza avvenuto durante il progetto è stata la capacità di operatrici e operatori di mettersi in ascolto e cogliere le necessità e i bisogni di alcun* giovani che hanno partecipato ai laboratori. In particolare, i momenti informali, il dialogo destrutturato e l’ascolto hanno permesso a operatrici e operatori di veicolare possibilità che sapevano sarebbero potute essere di nutrimento per alcune persone. Infatti, è stato proprio grazie alla relazione intergenerazionale che si è creata l’occasione per i e le giovani musicist* di iscriversi al concorso musicale Nuovi Suoni Live [7] e Clamore Festival [8] trovando quindi un canale di libera espressione dove le urgenze personali hanno trovato spazio e tempo per emergere attraverso linguaggi artistici.

Azioni performative di street art condotte da giovani coinvolti dal servizio delle Politiche per giovani del Comune di Bergamo durante la seconda incursione performativa che ha avuto luogo in Piazzale degli Alpini il 04 marzo 2023, copyright Bergamo per giovani.

Potenzialità e fragilità

Il progetto Catch me now ha permesso alle Politiche per giovani del Comune di Bergamo di interrogarsi sull’importanza dello scendere in strada. La compartecipazione fisica di operatrici e operatori alla realizzazione di questo progetto ha consentito la messa in discussione dei propri approcci attraverso un ascolto reciproco e la consapevolezza dell’importanza di uno scambio di competenze legate alla costruzione di relazioni con giovani. Il progetto ha inoltre permesso di creare alleanze territoriali, coinvolgendo altre realtà che lavorano con giovani rinforzando una partnership fondamentale finalizzata anche allo scambio di buone pratiche e di casi-studio in contesti diversi.

Tuttavia questo progetto ha evidenziato delle difficoltà che si ripresentano in diversi contesti come, per esempio, il divario tra il coinvolgimento iniziale e l’attivazione successiva. Ciò può essere causato dall’elevato numero di proposte e progetti sul territorio per giovani, che porta le adolescenze in sovraccarico. Non ci sembra però corretto ed esaustivo attribuire all’alto numero di proposte di attività sul territorio la causa dell’elevato drop out. Rimangono quindi continuo oggetto di analisi e di indagine modalità, contenuti, comunicazione e linguaggi più efficaci affinché ci sia un ripensamento funzionale al mantenimento delle relazioni intergenerazionali. Continueremo a domandarci e analizzare le reali urgenze di giovani, come accoglierle, sostenerle e supportarle nella loro diversità ed eterogeneità.

Restituzione del laboratorio di performing art che ha avuto luogo nel quartiere Villaggio degli Sposi il 22 luglio 2023, copyright Bergamo per giovani

DA GRANDE VOGLIO FARE…

Il progetto Da grande voglio fare… trova la sua prima sperimentazione durante l’estate del 2022, in continuità con altri laboratori realizzati negli anni precedenti grazie ad alcuni finanziamenti regionali [9], come opportunità che raccogliesse esperienze di avvicinamento al mondo lavorativo e di sperimentazione in ottica anche orientativa. Il progetto è stato riproposto in maniera continuativa anche durante l’inverno 2022/2023 e l’estate 2023.

Momento di confronto durante il laboratorio Da grande voglio fare… Videomaking, copyright Bergamo per giovani.

Si tratta di laboratori intensivi e continuativi negli Spazi Giovanili comunali, della durata di una settimana (weekend nell’edizione invernale), aperti a persone tra i 14 e i 25 anni, dedicati ad attività di formazione, acquisizione di competenze e accompagnamento alla scoperta di ambiti e di figure professionali diverse: teatro e performing art, videomaking, podcast, moda, cucina, gestione social. Professionist* dei vari settori hanno condotto i laboratori, con la collaborazione del gruppo educativo delle Politiche per giovani, alternando momenti formativi a momenti informativi e/o di rielaborazione informale delle competenze acquisite.

Il gruppo di educatrici ed educatori degli Spazi Giovanili, che organizza e gestisce il progetto Da grande voglio fare…, lavora da diverso tempo nelle classi delle secondarie di primo grado con alcune proposte di accompagnamento alla riflessione su di sé, anche in preparazione alla scelta delle secondarie di secondo grado. Partendo da ciò che emerge più di frequente da queste proposte educative, nasce nel 2023 anche Da grande voglio fare… boh!, rivolto alla fascia 11-14 anni con l’intenzione di combinare un’esigenza pratica di molte famiglie durante l’estate (la difficoltosa gestione organizzativa di figl* preadolescenti nelle settimane estive) all’opportunità di creare situazioni di sperimentazione e scoperta per student* che spesso non sanno rispondere alla domanda “che cosa ti piace davvero?”. Da grande voglio fare… boh! mantiene l’idea di fondo del laboratorio formativo e della settimana intensiva, ma con il coinvolgimento di diverse figure professionali e l’attivazione di diversi laboratori. Il gruppo educativo ha progettato partendo proprio dalle esperienze che conduce nelle classi, ponendosi in ascolto rispetto alle incertezze e mettendo in gioco la capacità di cogliere il presente e le condizioni di divers* giovani. 

Ci sembra che concedere la possibilità di sperimentare, di scoprire e tentare interessi e attività diversi possa essere considerato uno degli aspetti più potenzianti per gruppi di giovani e giovanissim* (a cui, spesso, tra l’altro, per fattori socio-economici e per possibilità familiari, l’accesso a corsi e occasioni laboratoriali è precluso). Nella fascia 11-14, potenziare e attivare contribuisce ad abilitare alle scelte formative nel secondo ciclo dell’istruzione. 

Proprio per favorire una rilettura dell’esperienza laboratoriale in ottica orientativa, sono stati previsti interventi di Spazio Informagiovani durante tutte le settimane di Da grande voglio fare e Da grande voglio fare… boh!. Le incursioni della riflessione orientativa hanno favorito e stimolato il pensiero sull’importanza del riconoscere un valore in ciò che si fa e interpretarlo quale traccia che può indirizzare il pensiero verso i propri futuri possibili. Ci piace vedere in questa cooperazione tra servizi e nella condivisione della mission orientativa ed educativa l’evidenza di quel pensiero ecologico che proponiamo come lettura dei servizi delle Politiche per giovani. Non solo: è anche qui che troviamo quella pratica di costruzione di alleanze, di sconfinamento tra saperi, doveri e spazi, che fondano l’idea di cooperazione generativa che vorremmo adottare nel nostro lavoro. A questo proposito, il progetto si è intrecciato anche con il Servizio Minori e Famiglia, costruendo nuove modalità del fare insieme, per consentire l’accesso ai laboratori anche ad adolescenti in situazione di fragilità. 

Un altro elemento ci risuona nel parlare di pratiche di costruzione di alleanze, ed è un altro modo di sconfinare attraverso ciò che facciamo: in alcuni laboratori si è scelto di affidare la conduzione a due giovani, provando a favorire un contesto, a concedere spazio, alla condivisione di conoscenze peer to peer. Si è trattato, inoltre, di due giovani che hanno intercettato le Politiche per giovani attraverso altre esperienze (di tirocinio e di laboratorio). Prendiamo questo come stimolo per tornare a provare a condividere spazi di sperimentazione con giovani. Per aprire a questa possibilità di attraversamento ibrido nei contesti in cui operiamo, dobbiamo però imparare a leggere i contesti e le potenzialità, e a farci da parte. Quanto è rischioso, nel fare questo lavoro, colonizzare alcuni saperi e interessi di ragazz*, nel tentativo di dare un senso alla loro esperienza del mondo? Piuttosto, non dovremmo sempre mettere in circolo il pensiero perché siano loro a costruire il senso di questa esperienza?

Durante i confronti con il gruppo di lavoro, è emerso un pensiero sul momento informale della pausa, momento previsto e voluto, che si è rivelato fondamentale per la creazione di quello spazio di margine potenzialmente radicale in cui si è data davvero la condizione dell’ascolto e del dialogo con chi ha partecipato. Il tempo del niente, durante queste settimane, ha fatto riflettere educatori ed educatrici sull’importanza di saper stare accanto a ragazz* anche nell’improduttività. Una forma di vicinanza che ha permesso di cogliere movimenti, impressioni reali, condizioni e scivolamenti sul presente dei gruppi e sulle loro vite. Leggiamo in questi momenti un grande potenziale generativo per il nostro servizio, perché possono dare il via a ragionamenti imprevisti e consentono di condividere nuove consapevolezze sulle realtà che abita la Gen Z.

Quali narrazioni produciamo con e intorno a Da grande voglio fare…?

Scrivere di Da grande voglio fare… ci ha messo chiaramente di fronte a diverse domande che crediamo possano davvero ispirarci nel proseguire, in tutto il nostro lavoro nelle Politiche per giovani, con la sperimentazione e gli adattamenti nella direzione del fare-con (Haraway, 2019) e della costruzione condivisa di possibilità in confine. Proviamo ad elencare queste domande, consapevoli che non sia sufficiente esplicitarle per tentare di risolvere, ma anche perché desideriamo approfondirle ancora e oltre.

Detto che in progetti come quello di Da grande voglio fare…, porsi in ascolto è stato fondamentale per saper leggere il bisogno di sperimentare, il diritto a provare cose diverse per capire cosa piace davvero, dall’altro ci chiediamo se sia possibile, in un contesto di insegnamento, svincolarsi da logiche di potere. C’è modo di pensare e costruire contesti che provino a limitare le logiche di potere di una trasmissione gerarchica del sapere, per muovere invece verso una condivisione collettiva di saperi? Sappiamo immaginare relazioni diverse, senza disequilibrio?

E poi: se, come abbiamo detto, vorremmo davvero imparare ad accogliere l’incertezza, quale sottotesto implicito veicoliamo, invece, nel chiedere esplicitamente Cosa farai da grande? Il rischio è di sacrificare una narrazione di possibilità all’immediatezza che comunica una domanda ricorrente, finendo per parlare lo stesso linguaggio di un mondo del lavoro che riproduce fissità mentre chi è giovane non l’ha mai conosciuta (e contro cui si trova a confliggere). 

Da qui aggiungiamo: cosa scegliamo ogni giorno nei nostri servizi? In base a cosa lo scegliamo? Perché se quei laboratori, quelle attività, corrispondono a interessi reali delle adolescenze, la disponibilità e la tenuta è sempre più evanescente, come i sogni che ci raccontano fugaci? Dobbiamo chiederci da dove arrivano quegli interessi: è ciò che ci immaginiamo interessi o è ciò che ci dicono dovrebbe interessare? Cosa desiderano, cosa si immaginano davvero ragazze e ragazzi? Stiamo provando abbastanza a chiederglielo?

Senza reale chiusura

Le sperimentazioni sopra citate sono solo due dei tentativi portati avanti dalle Politiche per giovani del Comune di Bergamo per un ripensamento del servizio verso la costruzione di un reale dialogo intergenerazionale, dove le adolescenze prendano voce e sconfinino dalla nostra percezione di utenti all’essere parte proattiva e generativa delle progettualità del servizio stesso. Tale sforzo «non è solo pratica del concetto, è apertura di nuovi mondi possibili, è impegno reciproco, è immaginazione. È riscoperta delle cose, dei racconti, dei pensieri offerti e donati» (Lizzola, 2019, p.128).

Tra le parole che abbiamo scelto di usare ricorsivamente c’è sperimentare. Sperimentare permette di stare al passo con il repentino mutamento delle visioni e dei contesti creati e vissuti dalle adolescenze, ma, proprio perché non esiste una prassi predefinita, per natura sperimentare può portare a sbagliare, a fallire. È proprio attraverso prove ed errori, uscendo dalla logica della performatività, che si trovano nuove vie da percorrere che ribaltino i paradigmi riconosciuti, non solo quelli esterni ma anche quelli personali: il timore di educatrici, educatori, operatrici e operatori di cambiare i propri paradigmi è legittimo ed è per questo che riteniamo fondamentale iniziare a istituire spazi e momenti in cui esprimere le proprie preoccupazioni e dubbi. Uno spazio dove il fallimento viene riconosciuto come necessario in quanto parte del processo (hooks, 2020, pp.67-69). Ci sembra che alcune riflessioni, conflitti, generazioni che vorremmo vedere in questi spazi si siano attivate, e questo ci rasserena e stimola. Lavorare costruendo e creando relazioni non è mai facile: «La difficoltà della relazione è mettersi a nudo. Affermare il valore del legame reciproco chiede un posizionamento morale ed esistenziale: non è facile, non lo è nei luoghi delle relazioni tra le generazioni. Sì, l’educazione può restare in ostaggio: della paura di rivelare sé a sé, della fuga dall’incontro che inquieta e muove, dello sprofondare nel risucchio di un destino senza attese» (Lizzola, 2019, p.128).

Lo sconfinare ha assunto in questo paper diverse forme: è stato luogo di passaggio fisico e metaforico, pratica interdisciplinare e scambio di competenze. Gli sconfinamenti diventano «tempo e spazio di passaggio, dove ci si incontra, significativamente, in una zona franca; e poi ci si lascia, come inviati. È una ‘frattura’ tra prima e poi, una frattura ‘instauratrice’ perché disegna, apre, costituisce, fa nascere» (ibidem).

In questo continuo sconfinamento, ci prendiamo la piena responsabilità (e solletichiamo il fascino) del non essere (state) disciplinate. Non ce ne era necessità, del resto. Il nostro obiettivo era di ascoltarci, confrontarci, confliggere in gruppo e con il gruppo, e così è stato. Non serve di più, per ora e in questo spazio.

Note

[1] L’Ambito 1 descrive un territorio che unisce la Città di Bergamo con i Comuni di Gorle, Orio al Serio, Ponteranica, Sorisole, Torre Boldone.
[2] Associazione Temporanea d’Impresa.
[3] Press di Catch me now:
Catch me now: laboratori gratuiti Bergamo.
Bergamo, rap, aikido e parkour per far uscire i ragazzi dall’isolamento.
Catch me now! Il progetto finanziato da Regione Lombardia.
Catch me now.
[4] Generazione Lombardia – Giovani SMART LINK. 
[5] NEET: giovani che non sono impegnati né in attività formative né lavorative. Dai dati Istat del 2021 si evince che il 24% di giovani italiani non studia e non lavora, dato in crescita rispetto al 2020, che posiziona l’Italia tra i paesi peggiori di Europa. Il fenomeno, che ha avuto una crescita a seguito della pandemia, sta avendo ripercussioni importanti sulle relazioni sociali e sulla situazione psicologica di giovani. Secondo i dati provinciali Istat, il tasso di NEET nella media dell’anno 2020 è il 18,3%, superiore a quello della Lombardia (17,4%) e inferiore a quello italiano (23,3%).
[6]  Video delle azioni performative.

Bibliografia

Merchant C., Partnership, in DEP Deportate, esuli, profughe, n.20, luglio 2012.
Lizzola I., Adolescenze senza riparo, in Minorigiustizia, n. 3, 2019.
Haraway D., Chthulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto, trad. it. di Clara Durastanti e Clara Ciccioni, Nero ed., Italia, 2019.
hooks b., Insegnare a trasgredire. L’educazione come pratica della libertà, Meltemi, Italia, 2020.
hooks b., Choosing the margin as a space of radical openness, in Framework: the Journal of Cinema and Media, n.36, 1998.

Arianna Lenzi è progettista e dipendente della Cooperativa HG80 Impresa Sociale e di Qui e Ora Residenza Teatrale. Fautrice del cambiamento politico e delle politiche attraverso l’innovazione sociale e i linguaggi culturali e creativi, crede nella cultura come mezzo di inclusione, partecipazione, consapevolezza collettiva e come costruttrice d’identità.

Giorgia Semperboni è operatrice Informagiovani e socia-lavoratrice della Cooperativa HG80 Impresa Sociale. Unisce competenze in ambito digital e social a uno sguardo femminista, con l’idea di indagare processi comunicativi delle generazioni più giovani e restituire, senza sussumere, linguaggi ed esperienze che sappiano informare e orientare.