Assalto Delle Gole Al Cielo
Dialoghi e soliloqui.Frammenti da un carteggio
di Lisa Ferlazzo Natoli e Maddalena Parise

Oggetti/reperti:

Laika 1957

Chris Marker, Le Fond de l’air est rouge, estratti. 1967, 1968

 

M.

Epigrafe a mo’ di introduzione:

“Qualsiasi cosa lasci incompiuta ti imprigiona nel passato. E chiude a chiave la porta.”

Edward Bond, The Testament of This Day

 

L.

Vero. Ma dev’essere poi ‘così’ vero Mad? Vabbè lasciamolo.

 

M.

Lo so che fa venire il mal di testa, sembra quasi che Bond si diverta a scrivere cose così. Ma mi domando…E se non si fosse lasciato a metà il sogno di andare nello spazio come sarebbe la terra?

 

 

 

25.06.2018 — 20h40

 

Ciao mia,

Ilenia mi ha chiesto un testo come ‘seguito’ alle nostre due cartoline pubblicate ad aprile. Una sorta di carteggio informale a partire da Chris Marker e Laika.

Questi i reperti, i punti di partenza:

Chirs Marker: Staring Back – il libro di fotografia da cui ho tratto la mia cartolina, e Le fond de l’air est rouge – raccolta di documentari.

Laika, le fotografie d’archivio – da cui la tua cartolina.

Prima di cominciare, mi annoto la tua telefonata di aprile: perché non mandi a Ilenia qualcosa su Marker? Magari poi lo facciamo dialogare con Laika.

Laika e “l’immaginazione al potere” del maggio ’68. Scriviamo su questo allora.

Grazie per avermi presa sul serio.

 

 

25.06.2018 — 20h59

 

L.

E sia, Marker più Laika. Il viaggio nello spazio e l’immaginazione al potere. Potremmo mettere come titolo questa frase detta meglio o ritornare a quella, formidabile, di Interstellar su “explorers” e “care takers” che avevo scritto nella cartolina “E’ come se ci fossimo dimenticati chi siamo. Esploratori. Non guardiani”.

Quanto alle tue frasi non le prendo mai sotto gamba cara mia, perché a te sto sempre attenta.

 

 

27.06.2018 — 18h50

 

M.

Eccomi, sono ripartita dalle nostre due cartoline. Ho riguardato la foto di Marker che avevo lasciato volutamente rozza, non ritagliata accentuando le cesure dello scanner. L’avevo fatto per aumentarne la falsificazione. In omaggio a Marker, che ne ha fatto uno stile inconfondibile.

Poi ho riguardato Laika stampata su un giornale, sorridente, e ho riletto le tue parole: “randagia moscovita d’estrema intelligenza tanto da essersi guadagnata il cupo onore di diventare astronauta”. In queste tue righe c’è tutto, i cani, la loro anima e il potere che ogni uomo può esercitare su di loro.

Laika anche come un “prequel” – ti cito – un “prequel” di quel che accadrà alla fine degli anni ’60, di quando sulla luna ci andranno gli uomini e nel mondo esploderanno le rivolte. Laika, “explorer” sconsiderata, incosciente, strumento dell’immaginazione al potere, senza saperlo. E poi è tutto finito – gli idranti, il Cile, le riforme a metà. Polvere di stelle. Il ’68, Laika, tutto sparito.

E poi Marker e Laika hanno quest’altro in comune, documentario e finzione.

Ho scovato una frase di Sarte. Te la allego.

 

 

27.06.2018 — 21h11

 

L.

Sartre è eccellente Mad, e certo serve da collegamento. Mi metto presto su Laika prometto. Laika come l’altra faccia della luna e ‘caduta’ dell’immaginazione al potere. Perché sono gli uomini a esserci andati poi sulla luna, ma intanto il mondo andava in fiamme.

Ha ragione Ilenia, le due cartoline prima separate e adesso unite sono una splendida evoluzione narrativa. E concettuale.

 

 

28.06.2018 — 13h11

 

M.

Bene,

per me questo carteggio è già cominciato.

Continuiamo allora.

 

 

28.06.2018 — 16.23

 

L.

Io con Laika non sono affatto pronta Mad.

Non ho molte parole. Possiamo avere dei giorni in più?

 

 

28.06. — 16.33

 

M.

Posso prendere tempo.

Vediamo.

 

PS: So che per te i cani e la polvere di stelle non sono argomento semplice. Il cane Molly che se n’è andato, conoscendoti la vedi assieme a Laika. Molly compagna, Molly-Bloom-Blaum, Molly sempre presente nelle notti degli striscioni.

 

 

Silenzio

 

 

7.06.2018. 11:46

 

M.

Non ci riusciamo. Quasi che i nostri due oggetti siano troppo ingombranti, o troppo poco. Per una troppo intimo, muto, e per l’altra quasi un’ossessione che gira a vuoto.

Ci riprovo.

Il pomeriggio l’ho passato a guardare i documentari di Marker. Un’ossessione che non so bene da dove venga. Sono quegli oggetti feticcio che troneggiano nella libreria e sono anche il ricordo delle serate passate alla Cinémathèque. Ma sono anche il distillato di quegli anni, non come ce li hanno raccontati, ma come li ha filmati Marker, senza ideologia (che invece c’era, ci ‘doveva’ essere in Sartre come mi ricordavi), stando nelle cose, guardando dentro, tremando con ciò che accadeva.

In una serie di sequenze, la macchina da presa infatti si mette a tremare, sfugge al controllo del regista, lo dice anche la voce off, lo dicono gli infra-titoli – “perché le immagini a volte si mettono a tremare?” – Maggio ’68, Praga ’68, Cile – la macchina reagisce a quello che filma, sussulta, trema, sfugge al controllo, si emoziona. Un tremore incontrollabile, come doveva essere stato quello dello Sputnik2 quando riscaldava i motori. E Laika che anche lei trema e si surriscalda nello spazio siderale.

 

E poi in apertura del film La sixième face du Pentagone, una frase: “Se le cinque facce del Pentagono ti sembrano impenetrabili attacca dalla sesta”. Marker filma una moltitudine di piedi colorati e un po’ sbiaditi che camminano e trovano un varco. Anche loro esploratori, con lo stesso ‘sguardo‘ allegro e fiducioso di Laika. Era il 1967 (il 21 ottobre, ma pensa un po’!). Gli studenti fanno breccia nel Pentagono, la fortezza delle fortezze, grazie a una distrazione delle forze dell’ordine, forti della pazzia del loro gesto. Uno di quegli slanci improvvisi che si accendono e consumano in pochi minuti. Dieci di loro riescono incredibilmente a intrufolarsi nella Hall, non importa se vengono immediatamente buttati fuori. Altri scalano la facciata con corde improbabili arrivando solo alla prima terrazza, ma è come se fossero arrivati sulla luna. Chissà che ne avrebbe pensato Laika da lassù, polvere di stelle già da un po’.

 

Forse faccio un piccolo filmato con qualche immagine, vediamo se me lo accettano.

 

 

7.06.2018 — 12:09

 

L.

Questa scadenza corre e le parole per Laika restano mute.

Come se la foto fosse tutto. E quelle due parole che mi dondolano nella testa “guardiani” – “esploratori”. Chi siamo noi? Inverto i termini, li sposto dall’altra parte della barricata. E’ quello che riesce a fare – dopo – Interstellar. “Esplorare la terra ed essere guardiani delle stelle”. E comunque non mi funziona. Dondolo io e mi chiedo: a cosa è servito agli uomini guardare la terra dalla luna? E guardare oltre, ai confini?

Il carteggio naufraga, ma le tue righe su Marker sono bellissime e commoventi.

Approfondisci le segrete corrispondenze tra le date, – 21 ottobre – alcuni le notano altri no, costruiscono mappe ‘sentimentali’ per orientarsi nel secolo breve.

Tu migliora e continua. Così per amore, per piacere e per gioco.

 

 

Silenzio.

9.07.2018 – 18:43

M.

Non era il tempo, così ho lasciato perdere la nostra corrispondenza.

E invece oggi ti scrivo. Per continuare questo epistolario perché continuo a guardare, a fare bricolage e a volerti parlare.

Prima noterella. Da qualche giorno sto provando a scrivere questo progetto sugli insetti (risultati scarsi) e trovo ogni scusa per deviare, così dagli atlanti degli entomologi sono arrivata all’Archivio (quello con la A maiuscola), seguendo la scia di questa mania del contemporaneo di riflettere sull’oggetto-catalogatore per eccellenza. E ho pensato che Marker è uno dei pochi che ha saputo trasformare radicalmente le immagini-documento in qualcos’altro, costruendo un archivio vivente, tremolante e a volte straordinariamente ‘falso’. Fino al punto che non si sa più se i suoi filmati siano finzioni o documentari (io stessa mi sono clamorosamente sbagliata una volta e ho ripensato alla storia della mosca dipinta che uno storico dell’arte cercava di scacciare da un quadro). Il confine è sottile e forse per questo mi piace, perché quelle immagini sono ambigue, ma non per questo meno ‘vere’ – magari non esattamente ‘reali’, ma ‘vere’. Anima e corpo, nelle sue immagini ci sono tutti quegli anni come ho sempre pensato che fossero. “1967-1977: anni decisivi della storia mondiale”, come dice il sottotitolo magniloquente di “Le Fond de l’Air est Rouge”, la raccolta-ossessione.

 

Seconda noterella. Poi pensando a questo tempo che stiamo attraversando mi vengono in mente nuovamente quei piedi che marciano con determinazione, allegria e sconsideratezza verso il Pentagono. Mi vorrei mettere quelle Clark, quei jeans stinti, avere i fiori nei capelli e camminare e camminare e camminare e correre per dire il mio profondo dissenso a quest’Europa. Ma non trovo le strade. Allora penso a Laika e a quell’immagine di lei che va coraggiosamente incontro all’ignoto, con la lingua penzoloni e lo sguardo scintillante. E gli uomini sulla terra a guardare, al caldo. Mi chiedo da dove si possa ricominciare. E di nuovo ripenso a quella lettera (o era un’intervista?) di Sartre a Daniel Cohn Bendit che ti avevo allegato:

“Voi avete un’immaginazione molto più ricca, e le parole sui muri della Sorbona lo dimostrano. Da voi è arrivato qualcosa che stupisce, scuote le coscienze, rinnega tutto quello che ha reso la nostra società ciò che è oggi. È quello che chiamerei l’estensione del campo del possibile. Non rinunciateci.”

(Jean Paul Sarte a Daniel Cohn Bendit, 28 maggio 1968).

 

Ah, un’ultima cosa, Didi-Huberman, un altro francese (insopportabile popolo) mi ha fatto pensare alla metafora “meteorologica” del titolo: “Le fond de l’air est rouge”… anni di tempeste rosse, di turbolenze e cicloni.

 

Quanto alle precisazioni, eccole: il 21 ottobre è il 21 ottobre 1917, uno di quei Dieci giorni che sconvolsero il mondo come li racconta John Reed, e che ovviamente tu conosci a menadito (cito: 21 ottobre, i bolscevichi tennero una riunione segreta che restò nella storia. Lenin: “Il 6 novembre sarebbe troppo presto, bisogna che l’insurrezione si appoggi sulla Russia intera. Ma l’8 sarà troppo tardi. Dunque noi dobbiamo agire il 7, giorno dell’apertura del Congresso, per potergli dire: ‘ Ecco il potere. Cosa intendete farne?”).

 

Oltre a queste righe ti arriverà con wetransfer una cartolina in movimento, un assemblaggio fra Marker e Laika che avevo fatto nei giorni scorsi.

 

 

9.07.2018 — 19:47

 

L.

Ti ho letta. Poi ti ho vista, nell’assemblaggio.

Mi hai fatto piangere.

Di bellezza.

Perché – come dice Marker in Sans Soleil – c’è come una lista di “cose che fanno battere il cuore”. Farla e rifarla. Annotare. Ricordare. Selezionare ogni singolo grano, chicco di riso. Dal mucchio.

Scrivi. Fai un carteggio con Lisa muta. Perché mi sa che non ha più parole e questo dice forse del nostro tempo, lei che – credo – le ha sempre avute. E un referente silenzioso da un momento in poi mi pare una buona idea.  Per il carteggio dico. Muto. Più che silenzioso.

Una cosa che “L’amica geniale” insegna, a prescindere da tutto, è che si parla sempre con, contro, dentro e per qualcuno.

 

 

10.07. 2018 – 18.34

 

M.

Sì, ma ci vuole tempo per questo. Non credo che ce ne sia più e queste righe non penso siano sufficienti per una rivista seria. Ma Ilenia ci dirà, è lei l’editore e ci può mandare una di quelle lettere cortesi di rifiuto. Per me va bene.

Adesso, posso solo provare a scrivere un’ultima cosa. Perché questo dialogo muto non mi riesce e non mi convince. Punto** Perché tu le parole le hai e sono formidabili. Credo che Laika ti parli così tanto perché ha a che fare con la visione. È una visionaria. E per questo funzionava il carteggio. Perché tu vedi al di là e immagini e preconizzi come Laika. Funziona perché io osservo e tu crei strutture-mondo. Marker fa scoprire la grana delle immagini, le voci fragili delle proteste, pugni bianchissimi alzati verso il cielo, le Clark, il kajal delle ragazze, le sigarette degli operai. Laika invece vola nello spazio e presagisce la tragedia, la tragedia di ritornare a essere guardiani dopo aver volato.

 

 

** nota a margine di L.

Credo che avresti dovuto scrivere onestamente che ti fa incazzare (come mi è sembrato ed è per questo che mi sono messa a cercare – per seguirti come fanno i bambini e perché Laika mi sorride in giro – le poche zoppe parole che ho. E poi il dire ‘mi convince’ non è il tuo ruolo, non sei l’editor. Imbrogliona.

Lisa Ferlazzo Natoli è attrice, autrice e regista. Una formazione da attrice e danzatrice tra Italia, Europa, New York e studi in filosofia. Dalla fine degli anni ’90 lavora come interprete per alcuni tra i più interessanti registi italiani. Dal 2010 cura la direzione artistica de la compagnia lacasadargilla con Maddalena Parise e Alice Palazzi, con cui segue l’ideazione, realizzazione e direzione di progetti collaborando con Teatri Nazionali, Festival e Istituzioni Pubbliche.

Maddalena Parise è ricercatrice e artista visiva. Si forma in storia dell’arte, è autrice di un PhD in teoria della fotografia (Parigi, La Sorbona) e ha partecipato a network internazionali e di ricerca (Basilea, Berlino, Parigi). È autrice di pubblicazioni per opere collettive e riviste internazionali. Dal 2010 è con Lisa Ferlazzo Natoli e Alice Palazzi parte della compagnia lacasadargilla per la quale collabora all’ideazione e realizzazione di progetti e lavori visivi.