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Didascalie di genere: l’esperienza della Fondazione Querini Stampalia
Intervista a Marigusta Lazzari e Angela Munari, a cura di Nicole Moolhuijsen e Viviana Gravano

NM&VG: In quale contesto si sviluppa l’idea di interpretare le collezioni della Fondazione Querini Stampalia da una prospettiva di genere? Quali valori hanno ispirato il vostro progetto?

ML: Tutto è partito da alcune riflessioni legate alla necessità di rivedere i processi strategici della Fondazione per affrontare la difficile sfida della sostenibilità finanziaria. Si trattava di trasformare una esigenza in una opportunità: ripensare il proprio ruolo rimodellandolo ed attualizzandolo rispetto al contesto sociale in cui ci trovavamo ad operare. Sono state quindi analizzate varie attività per le quali ci sembrava opportuno adottare modalità organizzative e di gestione che implicavano un cambio di passo e una visione più complessa e articolata. Abbiamo quindi pianificato quattro linee di lavoro su cui concentrare le nostre forze e azioni in un piano pluriennale. Questa decisione ha dato il via ad un importante processo di cambiamento che ha richiesto alla struttura organizzativa di adeguarsi alle modalità trasversali e innovative a cui era chiamata. Lo sviluppo del processo è stato da questo momento in poi una sorta di domino che creava le condizioni per proseguire su altri fronti di sperimentazione.
Una delle linee di lavoro identificate era una diversa attenzione al pubblico del Museo. La sostenibilità economica ci stimolava a cercare nuovi potenziali clienti e quindi ad interrogarci su quali potessero essere le esigenze e i bisogni del nostro pubblico.
Questa analisi ha confermato la necessità di valorizzare e comunicare in modo diverso le attività e i servizi della Fondazione e ci ha costretto di conseguenza a rivedere le tradizionali strategie comunicative impegnando la struttura in un percorso di formazione e aggiornamento del personale che fornisse nuovi strumenti metodologici e nuove competenze.
Riflettere sull’accessibilità e sul coinvolgimento di pubblici diversi ha anche posto ulteriori quesiti sull’identità della Fondazione, sulla sua missione, sulla visione di sviluppo.
Temi quali il linguaggio da utilizzare, le modalità con cui dare le informazioni e i loro multiformi significati, le diverse identità del nostro pubblico da valorizzare, l’attenzione al territorio e infine il senso e la consapevolezza del nostro servizio sono stati al centro del lavoro sviluppato negli ultimi anni. La riprogettazione dei linguaggi e degli apparati didascalici e informativi della nostra sede ci ha impegnato in più occasioni e ora, in questo periodo così difficile, stiamo affrontando il rinnovamento delle didascalie delle aree museali. Proprio durante questo processo, in cui siamo stati accompagnati strategicamente da Monica Calcagno e Nicole Moolhuijsen dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, è nata l’esigenza di far emergere anche nelle didascalie la grande attenzione con cui da sempre nella storia del nostro Istituto ci si confronta, con discrezione e rispetto, con la diversità e le differenze di genere.
Nei suoi 150 anni di vita, La Fondazione Querini Stampalia ha operato in realtà sociali e culturali e regimi politici diversi, ha attraversato tragedie quali le due guerre mondiali e il fascismo, si è adeguata ai progressi tecnologici e ha partecipato alla vicenda intellettuale e culturale del Paese, ponendo al centro della sua missione la formazione e lo sviluppo della persona in un luogo aperto al confronto e all’incontro fra culture, un luogo di crescita personale e di diffusione della conoscenza.

“© Fondazione Querini Stampalia”

NM&VG: Quali contenuti Queriniani vi hanno permesso di approfondire tematiche attorno alla diversità di genere, sfera affettiva e sessuale?

AM: La presenza di una biblioteca, legata agli interessi culturali della famiglia, l’archivio storico con gli inventari delle opere d’arte, ma soprattutto i carteggi tra i Querini e numerosi corrispondenti, spesso “utilizzati” anche come agenti e intermediari nell’acquisto di libri e di oggetti rari e di pregio ci ha permesso di incrociare numerosi dati, di andare oltre le supposizioni e di mettere in fila spaccati di vita quotidiana e relazioni interpersonali. E’ in particolare dai carteggi privati, tra coniugi ma anche tra genitori e figlie, tra genitori e figli, che è stato possibile dare i giusti accenti ai legami familiari, agli equilibri tra generi, all’affettività e alla stessa sessualità.
Di grande interesse si sono rilevati i contratti matrimoniali e i documenti relativi alle doti delle spose, da cui risulta evidente la natura puramente “economica”, nel senso più stretto del termine di governo della casa, dell’accordo tra le famiglie dei futuri coniugi e destinata alla conservazione della casata. Stima, rispetto reciproco e comune visione sono i collanti di una salda e duratura relazione tra marito e moglie. La sessualità della coppia resta quindi spesso confinata e codificata nei limiti ristretti della procreazione, anche se è comunque diffuso il controllo delle nascite. Le relazioni extra coniugali soprattutto per i maschi sono diffuse e accettate.
Le voci derivate dalle fonti scritte, con i racconti della quotidianità di una famiglia patrizia veneziana, ci hanno però necessariamente condotto in questi anni alla ricerca di fonti iconografiche. L’esigenza, poi, di dare un volto e un’espressione visiva ai personaggi incontrati ci hanno portato, di conseguenza, dall’archivio di famiglia agli spazi della casa museo al secondo piano del Palazzo Querini Stampalia. La riscrittura degli apparati didascalici, infine, ha ridato l’occasione, a tutto il gruppo di lavoro (composto da storiche e storiche dell’arte), di riflettere sui temi di genere emersi dagli epistolari, ma anche sottesi nei ritratti di famiglia, nei dipinti e negli affreschi di alcune sale, in particolare a soggetto mitologico, in una nuova chiave storica e socio-antropologica, andando così, per le opere oltre il valore storico artistico.

NM&VG: Come è stata affrontata la ricerca e l’interpretazione delle fonti?

AM:
La ricerca è ripartita proprio dall’individuazione delle testimonianze iconografiche e dagli spazi della casa che in maniera più forte richiamavano i temi in questione: la Sala dei ritratti dei Querini, fermati sulla tela in diverse fasi della loro vita; la Sala degli stucchi, con le effigi cinquecentesche dei giovani promessi sposi, Francesco Querini e Paola Priuli, la stanza degli sposi, Alvise Querini e Maria Teresa Lippomano, affrescata secondo la consuetudine settecentesca con i soggetti di Zefiro e Flora, e la Sala mitologica.

“Jacopo Palma (il vecchio), Ritratto di Francesco Querini, 1527-1528 © Fondazione Querini Stampalia”
“Jacopo Palma (il vecchio), Paola Priuli Querini, 1527-1528 © Fondazione Querini Stampalia”

Una volta scelti i soggetti, il team ha affinato i “ferri del mestiere” per gli aspetti interpretativi. Il primo fondamentale momento è stato quello bibliografico. Per ogni opera si è cercato di accumulare il maggior numero di informazioni possibili, contando soprattutto sugli ultimi apporti della ricerca. Si è poi provveduto a sgomberare il campo da equivoci semantici, evitando l’uso anacronistico di alcuni sostantivi. Un esempio su tutti l’uso improprio di “omosessualità”. Per ogni soggetto si è infine tentato una sorta di scavo “interpretativo” a livelli, quasi stratigrafico, andando cioè sempre più a ritroso nel tempo, mostrando al visitatore come lo stesso tema potesse essere letto da prospettive culturali opposte muovendosi su un’asse cronologico. A questa rilettura si sono dimostrati adatti sia il ciclo delle Dodici Sibille sia il dipinto, Cefalo e Procri, di Luca Giordano.

“Anonimo Veneziano Seicentesco, Sibilla Persica © Fondazione Querini Stampalia”
“Anonimo Veneziano Seicentesco, Sibilla Cumana © Fondazione Querini Stampalia”
“Anonimo Veneziano Seicentesco, Sibilla Europea © Fondazione Querini Stampalia”

Le Dodici Sibille, tra i soggetti amati e spesso riproposti nelle serie grafiche del Seicento, affondano le loro origini nella notte dei tempi. Le fonti antiche testimoniano spesso come la parola, il ragionamento, il discorso autorevole siano stati per secoli una prerogativa del mondo maschile.  Alle donne restava quasi sempre solo il lessico familiare, la lamentazione o il silenzio, considerata, quando posseduta dalla donna, una vera virtù. In un universo linguistico dominato dall’uomo, le Sibille fanno eccezione. I loro oracoli, che si manifestano solo in forma vocale, svelano il destino a eroi e guerrieri, sovvertendo così i tradizionali schemi di potere tra i generi.

“Luca Giordano, Cefalo e Procri 1667, © Fondazione Querini Stampalia”

Il dipinto di Giordano proposto come favola erotica seicentesca, richiama, in realtà, il rito del travestimento e dello scambio delle vesti, diffuso nell’antica Grecia, tra i novelli sposi, che simboleggiava lo scambio delle anime, dei corpi e della stessa natura maschile e femminile. Per la donna vestire abiti maschili costituiva una possibilità di superare i limiti sociali, come nel caso del mito della bella Procri, che gelosa del marito, lo raggira assumendo sembianze maschili. Cefalo cede sessualmente all’inganno e, solo dopo, Procri svela la sua vera identità.

NM&VG: Credete che questi temi possano avere uno spazio più ampio nella programmazione culturale della Fondazione Querini Stampalia? Se sì, come?

ML: Credo che sia fondamentale e urgente dare maggiore spazio a questi temi. Le forti difficoltà del mercato del lavoro, l’aumento dei flussi migratori, l’internazionalizzazione e i temi dello sviluppo sostenibile del pianeta ma anche la complessità del mondo in cui viviamo, hanno reso evidente la necessità di politiche e azioni che possano facilitare e promuovere l’integrazione, ridurre le discriminazioni, contrastare gli stereotipi. La Fondazione utilizza come strumento democratico nel proprio lavoro il confronto e l’incontro. Uno strumento e un obiettivo trasversale a tutte le attività.
Il contributo alla formazione di una cittadinanza attiva e consapevole, attenta alla dignità della persona e al rispetto reciproco è una delle nostre priorità.

Marigusta Lazzari, direttrice della Fondazione Querini Stampalia dal 2011. È stata capo di gabinetto dell’Assessore alla Cultura e al Turismo del Comune di Venezia dal 2000 al 2004 e funzionario e dirigente alla Fondazione Querini Stampalia dal 1986 al 2010 con la responsabilità del settore museale, delle attività culturali, della riqualificazione della sede e degli affari generali dedicandosi al radicale cambiamento e rinnovamento della Fondazione in un centro culturale polifunzionale, moderno e aggiornato. Ha assistito e coordinato gli importanti lavori di restauro realizzati a firma dell’arch. Valeriano Pastor, Mario Botta e Michele De Lucchi. Realizzato mostre, progetti di ricerca, pubblicazioni, convegni, corsi di formazione.

Angela Munari, laureata in Storia economica e sociale presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Dal 2004 è dipendente della Fondazione Querini Stampalia di Venezia dove si occupa di catalogazione dei fondi librari antichi. Dal 2006 è referente per la catalogazione delle stampe e del fondo librario antico a stampa dell’Accademia di Belle arti di Venezia. Collabora con la Fondazione Benetton studi e ricerche di Treviso per la catalogazione dei fondi cartografici nell’ambito del progetto Atlante Veneto. Dal 2018 fa parte della Commissione ICCU per la stesura delle linee guida per la catalogazione dei fondi cartografici. È autrice di diversi saggi e curatrice di alcuni cataloghi di mostre. Presidente della Sezione Veneto dell’AIB dal 2014 al 2020.