Gettare il corpo nella lotta
Hijab, corpi e spazi transculturali: un graphic blog di Takoua Ben Mohamed
di Barbara Spadaro

Questo articolo racconta l’animazione di nuovi spazi e soggettività, attraverso un processo transculturale in corso tra luoghi dell’immaginario, di Roma e di internet. Racconta di come un corpo disegnato possa diventare un medium per memorie di molti altri corpi, stimolando forme di riconoscimento che attraversano sentimenti di differenze religiose, culturali e di genere. Questo corpo non ha un nome: la sua disegnatrice, la romana di origine tunisina Takoua Ben Mohamed, lo chiama “il personaggino”. La rappresentazione di questo corpo di ragazza musulmana e occidentale sovverte quegli ‘approcci mono-oculari’ che mappano, fissano e distinguono corpi e appartenenze. Cosi un graphic blog su brufoli, baffetti e risvegli dai capelli dritti, oltre a gettare il corpo nella lotta – per parafrasare il verso di Pasolini che ha ispirato questo call for Papers di Roots/Routes – rivela nuovi spazi e linguaggi della corporeità.

Quali sono questi spazi e linguaggi? Intanto ci sono i locali di Ricciocapriccio, un salone di parrucchiere che fa da centro culturale nel cuore di Roma, ospitando ricerche individuali e collettive su significati e interpretazioni di estetica e di bellezza. Takoua Ben Mohamed ci è entrata alcuni mesi fa su invito di Renata Pepicelli, una ricercatrice di sociologia e culture dell’Islam, che è anche una cliente del salone. Da un evento organizzato per parlare di storia, politica ed estetica di capelli sotto il velo tra ricercatrici, giornaliste, attiviste e clienti di questo parrucchiere molto speciale, è nato il blog di Takoua per Ricciocapriccio.

I linguaggi sono quelli del fumetto e dei social media, che Takoua utilizza per i suoi progetti di graphic journalism, raccolti con il titolo “Il Fumetto Intercultura”. Utilizzando la sua professionalità, Takoua disegna e condivide già da alcuni anni, da Roma, la vita di ragazzi/e musulmane e occidentali. Il personaggino dei suoi fumetti incarna esperienze sia personali che vissute da ragazze e ragazzi che la seguono su Facebook dall’Italia e dall’estero. Takoua Ben Mohamed è un’esponente delle young, urban and networked generations (Mirzoeff, 2015) che attraverso gli spazi transnazionali aperti da Internet, producono e condividono ogni giorno milioni di immagini, sperimentando nuove forme di (auto)narrazione e soggettività.

Proprio da questo intento giornalistico-autobiografico ha preso forma il corpo del personaggino: è un corpo semplice e stilizzato, che permette forme di identificazione ma anche di dis-identificazione. Takoua spiega di averlo disegnato ‘senza un’identità effettiva, non ha cittadinanza: rappresenta soltanto la ragazza musulmana occidentale, potrei essere io o chiunque. Non è il mio corpo, ma allo stesso tempo è il mio corpo’1. Anche il fatto di mescolare nei testi dei fumetti Italiano, romanaccio ed Arabo classico, piuttosto che il tunisino parlato in famiglia o i dialetti dei protagonisti reali degli episodi, riflette la stessa fluidità sul piano linguistico, conservando alcune le tracce della sua soggettività.

Il blog per Ricciocapriccio ha portato la scoperta di un nuovo pubblico di lettrici e lettori, a cominciare dai clienti del Salone, per cui Takoua sta sperimentando nuovi temi e forme di rappresentazione. A questo pubblico racconta come il velo possa rappresentare una risorsa per nascondere i capelli arruffati la mattina (Bed Hair), ma anche una fonte di stress per la ricerca di forme e abbinamenti che riflettano la personalità, umore e stile individuali (Hair Style: tanto per voi i capelli non sono un problema).

Takoua Ben Mohamed, Rainbow Hijab

Se le vignette sul velo riflettono esplicitamente le tensioni culturali in cui sono immerse le donne che lo portano, come già in altri lavori, la nuova serie di fumetti sulle banalità dell’estetica quotidiana per Ricciocapriccio incoraggia nuove forme di identificazione, rappresentando il personaggino senza velo. Disegnando con ironia l’orrore per un brufolo al risveglio, le tensioni tra canoni della bilancia e immagine allo specchio, ma anche i momenti di piacere regalati dalla cura del proprio corpo, questo graphic blog rende visibile le negoziazioni quotidiane di immagini di femminilità e di corpi femminili che accomunano donne musulmane e non, tra spazi e culture.

Takoua Ben Mohamed, Summer Hijab

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Bibliografia
Acocella, I., Pepicelli, R. (eds.) (2015) Giovani Musulmane in Italia, Bologna: Il Mulino.
Mirzoeff, N. (2015) How to see the world, London: Penguin.
http://ricciocapriccio.com/blog?category=Fumetto+Intercultura
https://ilfumettointercultura.wordpress.com

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Barbara Spadaro è una storica, attualmente ricercatrice alla School of Modern Languages dell’Università di Bristol, UK, per il progetto Transnationalizing Modern Languages: Mobility, Identity and Translation in Modern Italian Cultures. La sua ricerca su media e linguaggi contemporanei di storia, memoria e soggettività studia in particolare narrazioni di Italianità tra Nord Africa, Mediterraneo e Medio Oriente, dall’età degli imperi ad oggi. Ha ideato e condotto il progetto di ricerca Mapping Living Memories: the Jewish Diaspora from Libya across Europe and the Mediterranean per la Fondazione CDEC di Milano, scritto e tradotto articoli di Gender History, e pubblicato il volume Una colonia Italiana: incontri, memorie e rappresentazioni tra Italia e Libia (Mondadori-Le Monnier 2013). Tra le sue ultime pubblicazioni, Italian Waves in Italian Memory, Centre for Postcolonial Studies, http://cps.blogs.sas.ac.uk.