§Graphic Realities
Se anche il fumetto di realtà diventa transmediale. Un dialogo sulla pièce teatrale da “Libia” di Francesca Mannocchi e Gianluca Costantini
di Elettra Stamboulis

Il fumetto forse è la patria della transmedialità [1]. Per sua natura inadatto, ibrido e bisognoso di stampelle autorevoli da arti che anche nell’ordine vengono prima (per arrivare al fumetto bisogna contare fino a nove, è “solo” la nona arte) ha sempre costituito un materiale dal quale, attraverso il quale e verso il quale si poteva viaggiare in altri medium, costruire mondi. L’universo espanso come viene definito da Jenkins e da altri, è solitamente letto in un’ottica economica e ludologica, che attiene all’area dell’intrattenimento. Minore attenzione è stata posta invece alla transmedialità che non è direttamente consequenziale alla vendita di prodotti, alla consumazione narrativa. Eppure a partire dal fenomeno Zerocalcare, che realizza addirittura miniature dei personaggi dei suoi fumetti, il fumetto d’autore non è nuovo a questi passaggi. 

Luccacomics ha ad esempio realizzato dal 2017 in poi il progetto Graphic Novel Theatre, portando in scena per un’unica data ogni anno un fumetto a partire dalla Ballata del Mare Salato di Pratt a Kobane Calling di Zerocalcare. In realtà l’attualità performativa del fumetto è presente sulla scena da ben prima, ma negli anni ’10 sembra proprio esplosa: penso ad esempio alle intersezioni teatrali ispirate ai lavori di ACAB come Monarch di Mattia de Virgiliis [2] o all’esito più prevedibile, nel senso che Davide è uomo da palco, dei lavori di Toffolo sulla scena. Eppure l’irruzione della realtà del Graphic Journalism sul palcoscenico ha qualcosa ancora di non visto. 

Le storie messe in scena dalla compagnia Erosanteros tratte da Libia di Mannocchi – Costantini hanno l’urgenza della vita vera, che ovviamente è presente in tutte le opere che ho menzionato, ma che qui acquisiscono lo schiaffo di non avere mediazioni narratologiche che ne scompongono le parti, si inseriscono per interrompere il flusso di una testimonianza. Se nel lavoro di Francesca Mannocchi come giornalista, di Gianluca Costantini come artista e attivista, è chiara l’intenzione di dare la voce a chi non ce l’ha, farsi microfono e matita di chi diversamente non lascerebbe traccia, il portare sul palco del teatro, arcaico luogo sacrale della cultura occidentale, luogo in cui la comunità cerca catarsi, Erosanteros non permettono al pubblico di alzarsi sollevati. 

Anche se ci sono diverse esperienze di trasposizione o transmedialità di fumetto in teatro, la vostra produzione è tra le prime italiane a portare il Graphic Journalism sul palco. Vi siete ispirati ad altre esperienze o l’avete trattato senza porvi il problema delle premesse?

In realtà non ci siamo posti questo problema. Quando è uscito il libro di Gianluca Costantini e Francesca Mannocchi lo abbiamo letto e siamo rimasti colpiti dalla forza e dalla semplicità con cui affrontava temi complessi che noi stessi, prima di leggerlo, conoscevamo soltanto superficialmente. Abbiamo quindi subito contattato Gianluca e gli abbiamo chiesto se potevamo trasformarlo nel nostro linguaggio teatrale, un po’ come aveva fatto lui quando aveva chiesto a Francesca se poteva trasformare in un’opera di graphic journalism i suoi reportage.

La distanza tra fumetto e teatro è evidente: il fumetto è spazio, il teatro è tempo. Tuttavia sono due arti che si attraggono irresistibilmente. Come avete affrontato questa distanza  e questa sfida?

Rispetto ad altri nostri lavori, nel creare lo spettacolo LIBIA, abbiamo cercato di “tirarci indietro” per restituire sulla scena attraverso il nostro linguaggio teatrale – composto in questo caso di voci, suono e video – l’opera di giornalismo a fumetti da cui siamo partiti. Per prima cosa abbiamo invitato il musicista Bruno Dorella a condividere con noi il progetto, creando le musiche originali dello spettacolo e costruendo insieme a noi delle vere e proprie partiture tra voce e suono, che hanno dato volume e tempo alle parole del libro. Dopodiché, abbiamo chiesto a Michele Febbraio e Majid Bita, di animare sulle tracce audio da noi costruite i disegni di Gianluca. Si è trattato di un lavoro lungo e meticoloso, quasi una “sonorizzazione al contrario”, creata in stretto rapporto con Davide, che ha dilatato i disegni di Gianluca nel tempo e nello spazio della scena che avevamo immaginato.

C’è poi il problema della voce. La voce narrante di Francesca Mannocchi, che è una voce pubblica e televisiva, la nostra voce interiore che ha letto o legge il libro… 

Abbiamo cercato semplicemente di restituire attraverso le voci di Agata e Younes El Bouzari, e le musiche dal vivo di Bruno, le sensazioni che il libro generava in noi. Ci siamo posti diverse domande sulle musiche e i ritmi con cui volevamo accompagnare le singole interviste e i racconti del libro, a volte accentuandone i toni, altre alleggerendoli, perché le parole e le immagini ci sembravano già molto dense di significati. 

Abbiamo creato un linguaggio comune insieme a Bruno e attraverso di esso abbiamo cercato di restituire le voci e le ambientazioni sonore del libro, che magari non sono quelle che noi abbiamo sentito interiormente alla prima e solitaria lettura, ma sono nate da questa unione durante il processo di creazione.

Il rapporto con gli autori è stato di intervento o vi hanno semplicemente affidato il loro libro?  Vi aspettavate un lavoro diverso?

Nell’ultimo anno ci siamo confrontati spesso riguardo al libro e allo spettacolo soprattutto con Gianluca. Gli abbiamo posto diverse domande, anche su come era nato il libro e come lui stesso aveva lavorato, per trovare fonti di ispirazione per il nostro lavoro. 

Per quel che riguarda la forma, invece, abbiamo avuto un’intuizione molto chiara sin da subito: non volevamo lavorare sulla rappresentazione teatrale convenzionale, utilizzando il libro come materiale di partenza da stravolgere, ma cercare di restituire il libro sulla scena con i nostri strumenti. Da qui l’essenzialità della scena di LIBIA: due attori di fronte a due microfoni e leggii, un musicista, e uno schermo in 21:9 sui cui viene proiettato un video di disegni animati.

L’immagine è comunque molto importante nei vostri lavori, diventa una scenografia parlante anche in altri vostri lavori. È questo l’aspetto che vi ha avvicinato a Libia? 

Conosciamo e stimiamo il lavoro di Gianluca da tempo, il nostro avvicinamento a LIBIA nasce prima di tutto da questo rapporto e dall’interesse nei confronti delle tematiche che porta. L’immagine è poi da sempre un elemento centrale del nostro teatro, un linguaggio drammaturgico che maneggiamo da sempre e che anche in questo spettacolo abbiamo utilizzato con naturalezza. La cosa diversa è che qui avevamo un materiale di partenza già molto costruito tra le mani, per creare il quale degli altri autori e artisti hanno svolto lunghe ricerche. In questo caso, e a differenza della maggior parte dei nostri lavori in cui siamo noi gli autori dei testi, della drammaturgia e dell’idea di partenza, abbiamo cercato di restituirli sulla scena di ErosAntEros.

ErosAntEros_LIBIA_foto di Dario Bonazza

Lo spettacolo teatrale Libia è stato realizzato in quanto vincitore del bando di residenze del progetto CURA

ErosAntEros è stato tra i 5 selezionati ed è stato ospitato da Elsinor Centro di Produzione Teatrale al Teatro Cantiere Florida e da RAMI Residenza Artistica Multidisciplinare Ilinxarium. Dopo la prima nazionale a Potenza il 18 ottobre 2022,  è ora in tournée per l’Italia.

Bibliografia

Mannocchi e G. Costantini, Libia, Milano 2020.

 

Note

[1] Con questo termine mi riferisco alla definizione ormai canonica del termine che ne dà  Jenkins, Henry. “Transmedia Storytelling”. Technology Review, 15 gennaio 2003.(ultima visita ottobre 2022), ma soprattutto Jenkins Henry, “Transmedia Storytelling 101”, Confessions of an AcaFan, 22 marzo 2007. 

[2] Ne parlò lo stesso ACAB in un’intervista a Fumettologica insieme a Maicolemirco e Davide Toffolo.

Davide Sacco e Agata Tomšič sono fondatori e direttori artistici della compagnia teatrale ErosAntEros da gennaio 2010. La loro ricerca porta avanti un teatro impegnato che non rinuncia al valore estetico della forma, in forte relazione con la storia, il presente e i territori in cui viene creato, con l’obiettivo di agganciare il teatro alla vita e fare dell’immaginazione un’arma per trasformare il reale. Sono stati prodotti da importanti istituzioni teatrali, tra le quali Emilia Romagna Teatro, Ravenna Festival, Théâtre National du Luxembourg, Teatro della Toscana, Teatro Piemonte Europa, Teatro della Tosse, Campania Teatro Festival. Sin dagli esordi sono stati coinvolti in importanti progetti internazionali presso: il Festival d’Avignon, selezionati dal bando di Festival d’Avignon, Pro Helvetia e MiBACT; il F.I.N.D. plus festival della Schaubühne di Berlino (Germania) scelti da Emilia Romagna Teatro per il Progetto Prospero co-finanziato dal programma Creative Europe dell’UE; l’Odin Teatret / Nordisk Teaterlaboratorium di Holstebro (Danimarca); il Grotowski Institute di Wroclaw (Polonia). Negli anni la direzione artistica di Sacco e Tomšič ha: codiretto e organizzato a Ravenna il festival Fèsta e la stagione Ravenna viso-in-aria (2012-2014); ha collaborato al progetto di laboratori non-scuola del Teatro delle Albe (2014-2018); ha prodotto e distribuito i propri spettacoli in Italia e all’estero (2010-oggi); è stata consulente teatrale della candidatura a Capitale Europea della Cultura di Piran2025, guidando un progetto con una rete di 30 partner europei di massimo rilievo (2020). Nel 2018 fondano POLIS Teatro Festival che, sotto la loro direzione, ospita artisti di rilevanza internazionale e realizza progetti partecipativi che prevedono un forte coinvolgimento dei cittadini per sensibilizzarli sui temi urgenti del presente e renderli spettatori attivi e consapevoli. L’edizione 2020, in forma di convegno online, ha accolto ben 67 ospiti internazionali, i cui contributi sono racconti nel libro Quale teatro per il domani? (Editoria & Spettacolo). Nel 2021 torna dal vivo con un festival interamente dedicato agli artisti indipendenti e tra i primi in Italia a ripartire a maggio dopo la chiusura dei teatri. Nel 2022 rilancia ancora aprendosi alla scena contemporanea europea mettendo al cuore del festival un focus internazionale sulla drammaturgia contemporanea francese. Il festival gode del sostegno del Comune di Ravenna, della Regione Emilia-Romagna, del Ministero della Cultura e di molti soggetti privati.