Gettare il corpo nella lotta
« … una gran femminaccia ignuda che mostra tutte le parti di dietro … », ovvero l’amour fou di un dio
di Enrico Pozzi

Mantide Religiosa

L’Angelus di Millet (1857-59). Due devoti contadini pregano al tramonto nell’arcadia. Angelus Domini nuntiavit Mariae. La concezione del Bambino divino tramite il flatus dello Spirito Santo. Salvador Dalì guarda, e vede una preghiera sulla tomba di una bambino morto, poi una maestosa Mantide Religiosa che ha appena ucciso. E’ il metodo paranoico-critico, comprendere per associazioni deliranti.

 

L’alto e il basso

Carlo Portelli, l’Immacolata Concezione del 1566. Una grande pala in Ognissanti, ora all’Accademia, appena restaurata. La sua opera maggiore, un vertice del manierismo luciferino (fig. 1).

Fig 1. Carlo Portelli, Allegoria dell’Immacolata Concezione, 1566, Firenze, Galleria dell’Accademia

In alto, Dio, una macchia nera che quasi copre la lucentezza dorata del vertice della pala. In basso, contro uno sfondo buio, una lunare schiena di donna, e un culo “glorius in maiestate”, come si diceva del Divino.
Tra quell’alto e quel basso la rappresentazione iconica del desiderio, delle sue vicissitudini, dei suoi labirinti, delle sue metamorfosi e camuffamenti, e delle difese estreme che esige per non diventare padrone del mondo. Di questo è allegoria l’Allegoria dell’Immacolata Concezione portelliana.

Dio

Non è un dio qualsiasi, irenico e dolciastro. Questo dio è imperioso, forte, potente e fiero della sua potenza. Un dio maschio, colmo di desiderio. Un dio vecchio, con il désir fou carnale dei vecchi per i quali desiderare non è più legittimo, e lo charivari è dietro l’angolo. Solo il volto di dio. Il corpo cerca di non esserci, negato da un drappeggio cupo e tuttavia mosso dal vento (torneremo su questo vento). Un corpo vivo tradito imprudentemente dal rosso che corregge il nero.
Portelli non ha fatto molti dii nella sua attività di pittore. Quei pochi sono un dio di maniera, e non di Manierismo. Insipidi, ectoplasmi, buoni con indifferenza, paterni con noia (figg. 2 e 3). Il dio dell’Allegoria (fig. 4) è diverso. Il suo volto condensa la Legge – Yahweh più che il Nuovo Testamento di Maria. Ma è Legge che deve farsi tagliente e scolpita nel bronzo per resistere alla voglia troppo intensa di godimento infinito. Quel Dio giudica e condanna faute de mieux, maschera di moralità risentita contro la tentazione sinuosa che viene dal basso. La finta forza della maschera, vita paralizzata in una scorza immobile.
Dio guarda intensamente. Guarda senza poterlo guardare ciò che ognuno di noi davanti alla pala si fissa a guardare. Vorrebbe guardare apertamente, come noi, la carne stupenda lì nel basso, quella schiena, quella coscia, quel culo. Non può, non deve. Così guarda altrove, verso l’insulso Agnello nel quale lo Spirito del flatus divino è stato imprigionato, allucina – nella invisibilità dell’interno della sua testa e del suo ventre – il corpo laggiù.
Le mani, l’unica altra sua parte nuda. Imprigionate anche loro nei gesti dell’iconografia scontata. Le braccia a croce, in memoria futura della morte del figlio crocifisso. La mano sinistra (ma destra) benedicente, ridotta a un moncherino di due sole dita che non può afferrare nulla, figurarsi un corpo desiderato. L’altra mano che può solo sfiorare non una pelle ma la lanugine dell’Agnello. Mani paralizzate per toglier loro l’evidenza della bramosia.

Fig. 2. Carlo Portelli, Annunciazione della Vergine (dettaglio), 1555, Loro Ciuffenna (Arezzo), Chiesa di S. Maria Assunta

Fig. 3. Carlo Portelli, Trinità con i santi Nicola da Tolentino, Pietro martire, Verdiana e Caterina (dettaglio), 1545, Firenze, Santa Felicita

Fig. 4 Carlo Portelli, Allegoria…. Dio

Il culo

Giù in basso, il punctum del quadro, il fulcro dello sguardo e del desiderio di chi guarda. Il corpo di Eva, il corpo del peccato (fig. 5). Tutto di lei è serpentino, come il serpente che sopra di lei Maria sta schiacciando. La sua schiena, il movimento della gamba sinistra, la fessura del culo. Tentazione, carne trionfante.
Nel buio prevalente della pala, quel corpo emana luce. Ma è una luce manierista, al tempo stesso intensa, acida e lunare. Carne sensuale fatta di masse e di muscoli. Potente e in qualche modo perversa.
Eva è una schiena, il dietro del corpo di donna. Nessun’altra figura femminile di Portelli viene rappresentata così. Né lo è nei maestri di Portelli, Rosso Fiorentino, il Vasari, Salviati, o tutto il Rinascimento italiano. Soprattutto non lo è nella modalità apertamente erotica dell’Allegoria. Eva è forza pura del desiderio, esprime e vuole suscitare voglia di godere. Non c’è in questa Eva traccia di senso del peccato, o di pudore nascente, o di condanna, come voleva il canone.
I contemporanei si indignarono della novità scandalosa di questa immagine. L’indignazione “vede”. Erano tempi di Controriforma, e nel 1584 Raffaello Borghini scriveva nel suo Il Riposo: «[Portelli] ha messo innanzi una gran femminaccia ignuda che mostra tutte le parti di dietro». Nel 1671 il sagrestano di Ognissanti la esiliò via dalla chiesa, nel convento, dove venne adeguatamente coperta da un manto animalesco, bestia pura: di nuovo, i censori sanno “vedere” (fig. 6).
La rappresentazione dell’Immacolata Concezione in quegli anni obbediva spesso al topos della Disputa. Maschi carichi di fame erotica discettavano intorno alla natura di questa Concezione, pretesto per osservare, “dire”, toccare con il significante delle parole un corpo di vergine. Susanna al bagno, da sempre. Susanna e i vecchioni. La Maria algida e statua di cera, ma che non riesce a non essere erotica nello stupendo dipinto di Guillaume de Marcillat alla Gemäldegalerie di Berlino (fig. 7): immobile nell’autosufficienza del proprio narcisismo, si specchia nella sua mela, oggetto puro, ipseità compiuta. E intorno i vecchi parlano, e sbirciano…
Ma Susanna si nega, si copre, mette in scena la vergogna (non sempre…), si ritrae. E soprattutto, almeno nelle Susanne rinascimentali, è di fronte, di tre quarti, ha di rado una schiena e certo non la offre, non ha mai il culo di Eva.

Fig. 5 Carlo Portelli, Allegoria…. Eva

Fig. 6 Carlo Portelli, Allegoria…. Prima del restauro del 2003 che ha ripristinato la versione originaria pre-censura

Fig. 7 Guillaume de Marcillat, Disputa sulla Immacolata Concezione alla presenza di Eva, 1515, Gemäldegalerie, Berlino

Flatulenza, soffio divino e vortice

In un saggio memorabile, quando la psicoanalisi era ancora visionaria e libera, Ernest Jones indagò sulla concezione della Madonna attraverso l’orecchio (JONES 1914). Con la nonchalance metodologica dei non-filologi e non-storici dell’arte, aveva creduto di vedere una costante nelle Annunciazioni del 400 e del 500: lo stilema dell’orecchio scoperto, spostamento della vagina destinato ad accogliere il suono – lo spirito – generativo di Dio tramite l’Angelo. Da qui una meditazione vertiginosa sullo spirito/Spirito, in Occidente e ovunque sia presente il soffio, il vento, del sacro. Lo spirito non è altro che la sublimazione della flatulenza, il tentativo di togliere al ventre e al pensiero delle viscere la loro potenza fondativa e la funzione di origine di ogni cosa. Flatulenza, flatus vocis, anima, spirito ecc: spostamenti via dal ventre, su, sempre più su, verso il regno dei cieli. Per inciso, spossessamenti della vagina, il luogo formalmente canonico dell’attrazione e del peccato (POZZI 2014).
Baubo mostra per secoli a gambe aperte la vagina (VERNANT, 1985; DEVEREUX, 1983). La Eva di Portelli offre il culo. Seduzione, scherno, parodia corporea della Immacolata Concezione e della Annunciazione attraverso la sterilità sodomitica. E nella bella Annunciazione di Portelli la Vergine ha l’orecchio assolutamente scoperto… (fig. 8). Preghiera, in qualche modo. Man Ray lo ha ben capito nella sua straordinaria Prière del 1930: ano flatus pregante, ano che si rende attraente al dio e lo chiama a sé nella accoglienza del suo ventre/caverna interiore, culo come Ur-luogo, produttore e vettore dello spirito (fig. 9).
Da lì sale il vento, verso Dio. Un vortice ventriloquo percorre tutta la complessa costruzione visiva del dipinto, le dà forma e dinamismo. Le gambe nude di Eva – una distesa l’altra ripiegata – avviano la spirale che la schiena prosegue nel movimento della spina dorsale poi del collo e della testa. Questo vortice di Eva sposa la torsione dell’Albero del frutto proibito, la accompagna e completa nella serpentinità del Serpente. Il vortice investe la Madonna, e le fa disegnare un altro semicerchio della spirale, inverso rispetto ad Eva. Appena intuibile sotto la veste, il movimento delle gambe di Maria spinge il suo corpo verso una postura che capovolge esattamente la direzione della schiena e del culo della tentatrice. Rispetto al volto di Eva, quello di Maria guarda dall’altra parte, isomorfo al volto di Dio, e chiude il movimento ascendente del vortice.
Le altre figure sottolineano questo andamento circolare. Le due figure regali – Davide a destra e Salomone a sinistra – costruiscono l’eco di una spirale esterna con le loro posture e con i moti di spalle e braccia, accentuati dalle teste girate l’una verso l’alto e l’altra verso il basso. Stessa eco di vortice nelle due Sibille: le pose delle braccia e delle spalle, parzialmente simmetriche e inverse; gli angoli dei seni; le fasce con le scritte che accompagnano i due corpi. Poi ancora i movimenti dei putti angelicati e degli angeli in senso stretto, quelli in primo piano e quelli ectoplasmatici che si muovono intorno al Dio. Poi ancora i dettagli: i capelli mossi dal vortice disegnano teste anguicrinite (per esempio alle Sibille), Baubo si trasmuta in Gorgo e accoglie/moltiplica il Serpente che Maria sta schiacciando invano.
«Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito». Così in Giovanni, 3, 5-8. Ma qui il vento impetuoso viene dal ventre di Eva. Il pneuma esce dal suo culo e si diffonde verso il cielo a farsi Spirito.

Fig. 8 Carlo Portelli, Annunciazione della Vergine (dettaglio), 1555, Loro Ciuffenna (Arezzo), Chiesa di S. Maria Assunta

Fig. 9 Man Ray, La Prière, 1930

La verga di Adamo

Adamo dorme, apparente negazione del desiderio che emana da Eva. Come può dormire Adamo con quella schiena e quel culo accanto a sé, esposti e offerti? La mano di Eva si avvicina tra le gambe del dormiente, afferra il bastone-verga che Adamo tiene in mano ben eretto (fig. 10), e intanto stuzzica vezzosamente – o forse amorevolmente – il mento dell’uomo, si avvia a risvegliarlo. Intanto la Sibilla guarda complice. Accennato ma al centro della scena il Fallo entra anch’esso nel vortice, D. H. Lawrence [LAWRENCE, 1922] avrebbe precisato: come flauto, traduttore del vento in suono, del ventre in quasi-Verbo.

Fig. 10 Carlo Portelli, Allegoria…, Dettaglio. La verga di Adamo

L’Ostia e la Falena

Intorno al 1616 Antonio D’Enrico, meglio noto come Tanzio da Varallo, completa per il Duomo di Domodossola una delle sue opere più importanti: San Carlo Borromeo comunica gli appestati (fig. 11). La peste è quella del 1576-77, che decimò la Lombardia e Milano. Il governatore spagnolo e i notabili avevano abbandonato rapidamente la città alle prime avvisaglie dell’epidemia, dopo aver dato ordine di interrompere il Giubileo in corso. Solo l’Arcivescovo Carlo Borromeo rimase a Milano, dando conforto e assistenza ai malati.
Sembra un dipinto come altri sullo stesso tema, con il santo che distribuisce la comunione tra gli appestati senza timore del contagio. Al centro un punctum – l’Ostia bianca e pura, a bonificare l’anima se non il corpo (fig. 12). Ma dio, o meglio il Diavolo, è nel dettaglio. L’occhio scende verso la veste rossa e i piedi, saldi su un piedistallo o gradone di marmo. Qui, in basso, nascosta sul lato del gradone, la Falena: grande, colorata e “altra” (fig. 13). L’altro punctum, simmetrico all’ostia: presenza demoniaca che serve da controcanto a quel biancore e nega al santo l’onnipotenza del bene. I punctum sono due, e indicano una doppia possibile narrazione verticale. Leggendo dall’alto verso il basso: la potenza del bene e del bianco ha costretto il male – la falena efflorescenza multicolore – ai margini della scena ma non ha potuto eliminarla. Leggendo dal basso verso l’alto: il male, subdolo, nascosto ma quanto colorato, sensuale e potente, minaccia dalla terra e dalla notte tutto quanto sta sopra: i malati, la Chiesa, l’Ecclesia, la città, l’ordine delle cose, il Santo. Solo l’Ostia è lì, tra la falena e il mondo, a bloccare il male.
Dal culo e da quella schiena che godono e invitano a godere sale il vortice carnale del desiderio e del peccato. Dio stesso ne è compreso, tentato, quasi travolto dalla potenza del desiderio, dalla voglia senza limiti di abbassare gli occhi e le mani verso quel corpo di donna. La Legge che è in lui esige il nòmos, il confine, il recinto del pastore (SCHMITT 1991) capace di tenere a bada la Bestia. Come l’Ostia rispetto alla Falena, inventa Maria contro Eva.
Maria non ha corpo. Il manto che la avvolge è la corazza che contiene il nulla. Perinde ac cadaver (la Regola di Sant’Ignazio) erge la propria mancanza di corpo contro il corpo senza corazza di Eva. Vuoto per annichilire in sé il pieno di quella carne. Eva è movimento, dinamismo del desiderio, del bisogno e del godimento. Maria è cristallo immobile, atarassia scevra da qualsiasi passione. Non ha dove voler andare, non ha cosa voler essere. Eva esiste, Maria è, sfero iconico che basta a se stesso. Il vortice non smuove le sue vesti. La corazza non conosce le ambiguità del pli, della piega/drappeggio cara al Barocco (DIDI-HUBERMAN 2002; DELEUZE 1988). I suoi capelli tirati non sono serpentelli guizzanti. Il suo volto si presenta nella modalità più astratta, il profilo assoluto che lo riduce a forma geometrica privandolo della ambiguità del tre quarti. L’Eva di Portelli ha identità, Maria è senza peccato e dunque senza identità. La mano insinuante di Eva afferra la verga di Adamo. Le mani serrate di Maria non possono afferrare neanche l’aria, figurarsi una cosa, o la carne. Eva è tra uomini e donne, tentatrice e tentata. Maria è solo tra angeli e putti angelici, con la testa che si perde nel mantello di Dio in un abbraccio denegato.

Fig. 11 Tanzio da Varallo, San Carlo Borromeo comunica gli appestati, circa 1616, Duomo di Domodossola, e copia coeva dell’autore in collezione privata

Fig. 12 Tanzio da Varallo, San Carlo… Dettaglio: l’Ostia

Fig. 13 Tanzio da Varallo, San Carlo… Dettaglio: la Falena

Il soffio, il Verbo e il Libro

Il Dio di Portelli non si sente ancora al sicuro dal suo désir fou. Non gli basta ergere Maria contro Eva. Deve blindare lo scrigno della donna Immacolata.
Le due Sibille servono da prima linea di difesa. Collocate a metà tra il basso e l’alto, sono un ibrido, la coesistenza transitoria di Eva e di Maria. Il loro corpo è dinamico e sensuale. I seni pieni vivono. Le braccia afferrano e ballano. I volti dicono “io”. Ma nella colta mitologia rinascimentale e manierista le Sibille sono ossimori. Vergini caste, eppure in molte versioni spose feconde di Apollo, penetrate dal pneuma del dio che si impossessa di loro direttamente o indirettamente. Pregne di dio e di vento divino eppure caste, le Sibille traducono il soffio in flatus. Producono segni che sono trascrizioni del soffio o spirito in Verbo, parole a loro volta scritte su foglie e affidate al vento, che le compone e ricompone e disordina rendendole “sibilline” cioè criptiche. Anticipazioni pagane di Maria fecondata dal vento/Spirito eppure da sempre pura e casta, destinata a trasmutare il desiderio e il possesso di carne in vento, Verbo, il Figlio di Dio come carne del Verbo.
La seconda linea è più vicina al basso e alla potenza carnale di Eva, il punctum del suo culo. Qui non basta più la flatulenza del dio trasmutata in soffio e in Verbo. Occorrono la Scrittura, il Libro e il Potere. Ciascuno a modo suo, negli angoli, Davide e Salomone scrivono. Stilema del Manierismo, il narratore laterale (Dichter) qui tradisce la sua funzione. Il flatus del desiderio si raggela nella materialità controllata del segno codificato, irretito, nella griglia dell’alfabeto e di una lingua. Il vento/flatus è significante pervasivo e incontrollabile, un ente informe che, aria, prende la forma di ogni cosa. La parola scritta imprigiona l’anarchia del desiderio informe in forme predefinite rigide, poche, ferocemente tenute a bada da regole. L’esito è il Libro, l’opposto del flatus e della foglia sibillina affidata al vento, «monumentum aere perennius», zavorra di bronzo contro l’euforia carnale e il “volo divino” del desiderio. Spetta ai Re gestire là giù in basso, nel basso del ventre osceno, dove è massima l’incandescenza della carne, la potenza primitiva della divinità ctonica, di Eva-Baubo, sulla linea di confine dove il Regno dei Padri contende spazio e muraglie al Regno delle Madri tramite il significante e la scrittura. Dove il segno tagliente lacera il corpo della Madre carnale, e separa dal Paradiso simbiotico del godimento infinito. Come ha fatto la scrittura di questo saggio paranoico-critico.

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Bibliografia

BRUNORI Lia, CECCHI Alessandro (a cura di) 2015
Carlo Portelli, pittore eccentrico tra Rosso Fiorentino e Vasari, Catalogo della Mostra 22 dicembre 2015 – 30 aprile 2016, Firenze, Galleria dell’Accademia, Giunti

DEVEREUX Georges 1983
Baubô, la vulve mythique, Paris, Payot

DELEUZE Gilles 1988
Le pli. Leibniz et le baroque, Paris, Éditions de Minuit

DIDI-HUBERMAN Georges 2002
Ninfa moderna. Essai sur le drapé tombé, Paris, Gallimard

JONES Ernest 1914
Die Empfängnis der Jungfrau Maria durch das Ohr: Ein Beitrag zu der Beziehung zwischen Kunst und Religion, «Jahrbuch der Psychoanalyse», v. 6, pp. 135-204

LAWRENCE David Herbert 1922
Aaron’s Rod, London (tr. it. Milano 1959)

POZZI Enrico 2014
A proposito della Prière di Man Ray. Iconostasi paranoico-critica, Il Corpo, 3/14, pp. 50-72 http://www.ilcorpo.com/it/rivista/ottobre-2014_55.htm

SCHMITT Carl 1991
Il nomos della terra nel diritto internazionale dello «Jus publicum europaeum», Milano, Adelphi

VERNANT Jean-Pierre, 1985
La Mort dans les yeux. Figures de l’Autre en Grèce ancienne, Paris, Hachette

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Enrico Pozzi insegna Psicologia sociale a Roma e negli Usa. Psicoanalista individuale e di gruppo (Società Psicoanalitica Italiana, Tavistock). Come imprenditore costruisce l’identità di organizzazioni complesse. Si occupa di leadership carismatica, dei rapporti e rappresentazioni del corpo&potere, di retorica e scrittura della biografia e del caso clinico, di epistemologia delle identità individuali e collettive, del sociale come folie à plusieurs. Co-dirige la rivista IL CORPO (www.ilcorpo.com). Sito personale (poco aggiornato): www.enricopozzi.eu. Il proprio libro che gli piace di più: Il carisma malato. Il People’s Temple e il suicidio collettivo di Jonestown, Napoli 1992.