from roots to routes
La radicalità di Walter Branchi,
una musica per ascoltare
di Antonio Mastrogiacomo

Proporre un contributo sulla musica di Walter Branchi apre un confronto sui percorsi dell’ascolto musicale, al netto di una preposizione posizionata tra musica e ascoltare, come musica per ascoltare, non più musica da ascoltare – laddove la perifrastica passiva consumata nella seconda individua un certo orientamento nei confronti dell’ambiente. Basta chiamare in causa la nozione di musica colta per capire che posizione occupa ancora il pubblico, tale da imporne una revisione secondo la prassi inaugurata dalla “composizione silenziosa” di John Cage.
Un processo di acculturazione ha disciplinato il suono che, in accordo alle leggi di una supposta consonanza acustica, è stato caratterizzato da una rigorosa grammatizzazione in grado di definire come naturali le abitudini percettive. In altre parole, la confusione tra natura e cultura ha definito in modo rigoroso la storia della musica occidentale fino alla scoperta del “suono inventato” grazie alle tecnologie elettroniche, laddove è stato possibile operare in funzione di un suono altrimenti inudibile. A partire da queste nuove strade per il materiale musicale, le radici della musica di Walter Branchi stanno proprio nella relazione con l’ambiente grazie al posizionamento di questa musica nei pressi della circostanza, lontana dall’evento se non più spesso ferma al palo della riproduzione.

Scambi sonori
Il 13 maggio 2016 Walter Branchi è stato ospite di scambi sonori, una serie di incontri sulla musica contemporanea occorsi presso la sala Martucci del conservatorio San Pietro a Majella di Napoli; in quella occasione furono proposti anche degli ascolti preparati da parole che dicevano in sintesi:
«Le composizioni che ascolterete, dal titolo Ora, di terra e Concorde, vanno considerate come due aspetti dello stesso Intero (modi di relazione di un sistema sonoro)[1], iniziato nel 1979[2] e ancora in corso; questo Intero è formato da tante parti diverse, ciascuna parte è un aspetto diverso della stessa cosa, un sistema nel senso proprio di teoria dei sistemi, un sistema di proporzioni, un sistema di intervalli, che ogni volta vengono combinati in modo diverso. Qualcosa che è completamente elettronica: non ci sono suoni presi in natura ed elaborati in studio, ma sono suoni generati elettronicamente, diciamo artificiali: questo pezzo è caratterizzato da suoni inventati. Storicamente sappiamo che la musica nella maggior parte dei casi è formata da suoni trovati: l’uomo trova dei suoni in natura e li usa per fare musica; questi suoni trovati possono essere due pietre che battono, una corda tesa, una colonna d’aria che poi con la liuteria, le esigenze dei compositori, diventano un violino, un flauto, tutti strumenti derivati da suoni che l’uomo trova in natura; non l’inventa, li trova. Questa fase che stiamo attraversando adesso, grazie all’elettronica, ci mette in condizione di inventare dei suoni, di comporre nel suono. Se la musica del passato, la musica storica, la musica di tutte le civiltà è un insieme di suoni, musica composta usando più suoni insieme, questa è una musica che si compone all’interno del suono; in altre parole è come se dicessi che anziché essere una cosa atomica dove tanti atomi vengono messi in successione qui si lavora a un livello subatomico, dentro l’atomo. Questo cambia molto le cose. Pensate al senso del tempo: un suono trovato è un suono che ha già, è già una forma del tempo, ha già una sua durata, già corrisponde ad una relazione tra altezza durata intensità che, all’interno del suono trovato, non si possono modificare perché il suono della tromba è quello, il suono del flauto è quello. Invece, lavorando in quest’altro modo, grazie all’elettronica, il suono viene composto e tutti questi parametri che lo formano sono indipendenti: la cosa più incredibile è che il tempo che abbiamo imparato a considerare una grandezza costante rispetto alla quale creiamo degli eventi nel tempo[3], in questo caso è negli eventi stessi. E questo fatto di considerare non una musica nel tempo, ma un tempo della musica ci permette di far sì che un lavoro musicale non sia più una entità protagonista: non sarà una musica protagonista, ma è una musica che ha un altro scopo, una musica che serve per ascoltare – non soltanto da ascoltare – per ascoltare il mondo in cui siamo tutti immersi, lasciare che entrino i suoni del mondo; la musica non essendo più protagonista non è la cosa principale ma è una delle cose. E questo cambia anche il rapporto tra ascoltatore e musica: l’ascoltatore della musica classica va lì ad ascoltare quella cosa che non vuole esser disturbata perché sta narrando, sta raccontando – la musica tradizionale racconta cose: c’è un inizio, uno sviluppo, una fine perché è coerente con il fatto che il suono trovato ha queste caratteristiche. La musica che ascolteremo oggi è una musica che ci permette di ascoltare il mondo, di ascoltare anche noi stessi»[4].

Queste parole racchiudono sommariamente il pensiero disposto nel montaggio di testi che compone Il pensiero Musicale sistemico. Scritti 1975-2014 la cui presentazione occorreva in quella circostanza a mo’ di situazione per indicare ai presenti una strada altra per pensare la composizione musicale a partire dall’ancora inaudita radice elettronica. L’incontro con il compositore insieme alla sua musica (come occorre necessariamente nel caso di Walter Branchi laddove mancano registrazioni su supporto della sua attività[5]) indicava una diversa strategia compositiva al pubblico in sala, per lo più studenti quali destinatari interessati di questo messaggio delicato. Al fine di presentare la posizione di Branchi come istanza compositiva sulle condizioni del pensare le tecnologie del suono e della musica[6], vengono sviluppati alcuni nuclei teorici a partire dalla differenza tra suono trovato e suono inventato.

I suoni elettronici come materiale
Il materiale al centro del sistema di Walter Branchi è costituito dalle onde sinusoidali[7]. Si tratta di un suono usato in laboratorio[8] – chiamato anche suono puro – nel quale la pressione dell’aria cresce e decresce sinusoidalmente in funzione del tempo[9]. Come osserva Luigino Pizzaleo, curatore del testo edito da Aracne:

In una prospettiva sistemica, la sinusoide, in quanto essa stessa sistema dotato di sue specifiche relazioni interne, si impone quale primaria ed unica unità strutturale della composizione. (Pizzaleo, 2017: p.26)

I limites[10] entro cui agisce il compositore Branchi, non più orientato a una musica tematica quanto alla ricerca di una musica il cui compiersi sistemico tenda ai confini dell’accadere, indagano la dimensione di una musica a-narrativa, in dialogo con una circostanza, una musica il cui materialismo storico sia salvaguardato dall’a-storicità del materiale impiegato. Se il cammino verso la nuova musica avrebbe infatti portato alla progressiva conquista del materiale musicale come offerto dal suono nella sua natura di fenomeno acustico[11], con l’esperienza della musica elettronica si sviluppa una attitudine definibile musicologia cognitiva quale tentativo di comprendere i processi dinamici e di costruzione del sonoro e del musicale, i modi di relazione di un soggetto (compositore, interprete, ascoltatore) con il proprio oggetto e la sua manifestazione nel tempo che avrebbe comportato inoltre una decisiva deterritorializzazione del musicale laddove:

sono ora le materie sonore stesse a diventare dominio di invenzione e di articolazione del senso, ad essere vissute come ambito di inscrizione della soggettività. […] Se accettiamo (con Adorno) che la musica sta nella storia prima che come sequenza di manufatti estetici che chiamiamo opere, già come processo produttivo di materiali e di pratiche dette “musicali” (di cui le singole opere non sono che testimonianza più o meno puntuale), allora il fatto di contemplare nella dinamica creativa le condizioni del comporre-il-suono significa che, in musica, in fondo non c’è proprio nulla che sia “natura” e che invece tutto vi è in essa di “cultura”, cioè di elaborazione cognitiva e di produzione più o meno consapevole del contesto tecnico e sociale storicamente determinato e molteplice. (Di Scipio, 2017: pp. 26-27)

Il materiale musicale informatico, spogliato di schemi meccanicistici che lo identificavano con qualcosa di letteralmente manipolabile e privato di rappresentazioni intuitive, va colto come materiale mentale appartenente a un campo di fenomeni di nuovo tipo e con una propria razionalità:

ciò che il compositore traduce in termini di materiale è innanzitutto un processo tecnico-operativo, per cui il lavoro su questo materiale è di ordine tecnico teorico. La descrizione di questo materiale mentale esige dei concetti propri, impone dei concetti corrispondenti alle strutture che la tecnologia permette di osservare e trattare (Duchez, 1995: p.42)

Questa intellettualizzazione del materiale musicale a mezzo informatico è praticata a partire dall’impiego dell’elaboratore che permette di guadagnare un livello ulteriore di astrazione:

Bisogna dire una volta per tutte che l’elaboratore è una macchina con un tale grado di genericità da non essere specifico in nessun campo, tantomeno in quello musicale; questo dovrebbe andare tutto a favore di una completa liberazione del suono. (Branchi, 2017: p. 67)

Questo discorso prosegue quanto intravisto dal compositore tedesco G.M. Koenig[12] secondo cui

lo scopo della musica elettronica è di comporre IL SUONO invece che COL SUONO. In questo campo l’esperienza è ancora molto limitata, e questa è la ragione per la quale la composizione mediante elaboratore è ancora una terra vergine. Prima che il compositore possa comporre IL SUONO e programmare questo suono bisogna che si renda conto fino a quale punto sono programmabili i propri desideri, la propria conoscenza musicale e la propria esperienza. (Koenig, 1976: p.229)

Sonogramma. Edited by Antonio Mastrogiacomo

Eco-sistema d’ascolto
Una volta definito lo spazio di gioco del suono inventato in relazione all’esistenza aperta della regola, un altro, fondamentale nucleo tematico del pensiero sistemico nella musica di Walter Branchi può essere definito nella relazione con l’ambiente tale da orientare non più una musica da ascoltare, piuttosto musica per ascoltare. Negli scritti del compositore[13] ricorre il riferimento a John Cage e alla sua composizione 4’33’’, per marcare da un lato affinità, dall’altro divergenza. Scrive infatti Branchi:

Particolarità della relazione musica-ambiente in Cage è che essa viene stabilita attraverso l’annichilimento della prima rispetto al secondo, in una sorta di vero e proprio grande sacrificio musicale. In questo senso la strada che Cage percorre non ha sbocchi: è già chiusa in partenza. 4’33’’ ci rende coscienti, forse per la prima volta attraverso una musica che nega sé stessa, della presenza dell’ambiente, del complesso paesaggio sonoro che esiste al di fuori della composizione musicale e che con essa, comunque, è sempre convissuto. Riscoperto l’ambiente e i suoi suoni e rumori bisogna ora, oltre il silenzio cageano, scoprire una musica che si ponga in un rapporto significativo con esso. Per far questo occorre, innanzitutto, ripristinare un rapporto attivo con l’ambiente, e non passivo come nel caso di 4’33’’. Considero attivo un rapporto dove ci sia scambio tra la musica e tutto ciò che partecipa alla sua realizzazione e, naturalmente, viceversa. Solo così si ritrova una corrispondenza tra l’interno e l’esterno della musica e la via della corrispondenza, a mio avviso, è l’unica strada percorribile per superare il limite estremo posto da 4’33’’. (Branchi, 2017: p. 204)

Come sottolineato nel saggio Più vero del vero. Ambiente e suono nell’esperienza di due compositori: Walter Branchi e Barry Truax[14] da Michela Mollia

la condizione dell’ambiente reale[15] – come costruito da tutti gli elementi che interagiscono in un determinato tempo e spazio, collabora con una composizione musicale pensata sistemicamente: l’ambiente, con i suoi suoni e rumori, collabora alla sua forma riconoscendo la composizione musicale come parte di se stesso, non come intrusione e arbitraria. E proseguendo nella catena sistemica, troverà la sua collocazione anche l’ascoltatore, dato che anch’esso è parte dell’ambiente e anche la sua sola presenza contribuirà a dar forma alla musica. Senza confini egli stesso ascolta non più una musica ma la musica dell’ambiente, sé stesso in quell’ambiente in un rimando continuo di ascolti che perdono continuamente i loro contorni – la musica che ascolta il mondo ­che ascolta – e le loro definizioni, cioè limiti di appartenenza, specificità, provenienza (Mollia, 2017: p. 70)

Walter Branchi non desidera infatti che le sue musiche elettroniche vengano eseguite in sale d’ascolto tradizionali[16]. Se la dimensione d’ascolto delle composizioni elettroniche[17] risulta ancora problematica, Branchi rivela come

Nella musica elettronica il centro – che nel caso della musica strumentale si credeva rappresentato dall’esecutore oppure dall’orchestra e quindi al di fuori di noi – si rivela dentro di noi. L’evento musicale non è qualcosa di esterno a cui partecipiamo come spettatori ma siamo noi stessi la parte attiva, i vibratori in grado di risuonare al flusso energetico e magico nel momento in cui riusciamo a sincronizzarci con il brano musicale. Quanto detto è sempre, o dovrebbe essere sempre stato, nella musica, ma la musica elettronica, proprio perché così diretta, porta ad esserne più coscienti. Il fatto che non avvenga nulla visivamente coinvolgente la nostra attenzione durante l’esecuzione non è certo un’assenza ma, al contrario, è un punto di forza che gioca a favore di una maggiore concentrazione. (Branchi, 2017: p. 103)

Proprio per questo motivo Branchi preferisce definire come ascolto, e non concerto, la manifestazione durante la quale si occorrono diffusioni di alcune parti dell’Intero:

Ho utilizzato il termine ascolto perché più pertinente, perché quella che sto tentando di realizzare sia una musica non da ascoltare ma che consenta, attraverso il suo ascolto, il sentire anche tutto quello che con essa convive. (Branchi, 2017: p. 150)

Nel testo più volte è ricorso il riferimento al sistema, a musica sistemica laddove si intende per sistema una metodologia che consente di organizzare una composizione musicale utilizzando le qualità dinamiche esistenti all’interno di un insieme di rapporti, che si sviluppa a partire da una logica interna, costitutiva ed autoregolativa del sistema stesso. Nelle parole dello stesso Branchi:

è stato possibile sviluppare questa metodologia compositiva grazie all’uso dell’elaboratore che ha reso possibile il comporre all’interno del suono, nel suono. Questa metodologia è particolarmente efficace nell’elaborazione delle grandezze costitutive del suono, prima ancora che esso diventi tale. (Branchi, 2017: p. 66)

Fortissimo è dunque il non detto wittgensteiniano che attraversa le pratiche del compositore Walter Branchi laddove non solo il nucleo etica-estetica rappresenta una adeguata sintesi della posizione del compositore, ma anche l’apertura ad una musica del contesto a partire dal ricorso alla regola nei principi costituivi del sistema rimandano ad alcune traiettorie di fondo delle ricerche filosofiche[18].

Conclusione
L’esperienza compositiva di Walter Branchi definisce un “intero” la cui complessità rimanda a una corposa produzione tanto teorica quanto compositiva: muovendosi nel solco eracliteo di un suono che manifesti la dimensione del fluire, compone esclusivamente per sintesi additiva, somma sinusoidi – comporre il suono, comporlo nel suono. Non c’è un attacco, non c’è un verso dell’ascolto. Tutto scorre, partecipa, accade in una musica da dimenticare, non da ricordare. Realizza dunque non una musica da ascoltare come ripetizione acritica e coatta di schemi e consuetudini del passato: pensa ed elabora una musica per ascoltare, in dialogo con l’ecosistema in cui trova luogo:

Sono un musicista, un compositore, ma anche un uomo di giardini. Conosco i giardini per averli sempre frequentati e anche per averli fatti. […] Nella percezione ogni cosa emerge e scompare attraverso le altre, io emergo e scompaio. Mi affascina e mi incanta il sentirmi indiviso nello spazio che vive: percepisco con tutti i miei sensi, ascolto con tutto me stesso e sento di essere parte di un evento incomprensibile. Anche la mia musica è pensata per essere ascoltata nell’insieme delle cose, ascoltata nel continuo gioco di rimandi tra tutto quello che è un luogo. Pur con una sua forma e presenza, essa è trasparente, lascia spazio a ciò che accade, è in sintonia con il mondo, asseconda ed è assecondata, suona e fa risuonare. (Branchi, 2017: p. 199)

Infatti, risulta impossibile scindere il Branchi compositore dal Branchi rodologo, laddove resta l’uomo della terra che vede anche la musica (elettronica o meno) come sua espressione: come le rose, appunto.

Note:
[1] «Penso la mia musica come un’unica grande composizione formata da parti isolabili, ma non isolate. Penso ad un intero che occuperà tutta la mia vita per essere realizzato e certamente non completato. Un grande canto dove ogni parte, contenuta nell’intero e che questo contiene, ha vita sia singolarmente sia in successione o contemporaneamente alle altre. Penso ad un contributo. Ad una musica delle musiche dove ogni intero è parte di un intero sempre più grande». (Branchi, 2017: p. 169)
[2] Intero vede la luce grazie ai sistemi digitali che l’università di Princeton gli mette a disposizione a partire dal 1979.
[3] «Il tempo: una modifica del tempo elettroacustico, una flessibilità della durata che è il tempo irreversibile della fisica (e della biologia) contemporanea. Questo tempo irreversibile reintroduce il tempo come durata dell’esperienza umana, a differenza del tempo reversibile della meccanica classica e dei suoi strumenti – un tempo esterno all’uomo, e che fino a oggi non ha mai permesso una teorizzazione adeguata della durata musicale». (M-H. Duchez, 1995: p.40)
[4] Trascrizione a cura dell’autore del contributo.
[5] A tal proposito si legga questo frammento dal testo Non voglio essere spento: «La domanda, che, con piccole variazioni, ricorre, è: dov’è possibile ascoltare la tua musica? Oppure: com’è possibile avere delle tue musiche? O ancora: dove posso comprare dei tuoi dischi? La risposta è sempre la stessa: non voglio essere spento […] e quindi ho deciso di non avere dischi con mie musiche, di non commerciare musica perché, essa, come tutte le cose belle e importanti della vita, non si può né comprare né vendere.” (Branchi, 2017: p. 177).
[6] Riferimento al testo di Di Scipio A., Pensare le tecnologie del suono e della musica, Editoriale Scientifica, Napoli 2013 quale lettura proposta in aperta continuità con i contenuti del presente saggio.
[7] Per una trattazione più specifica si rimanda al testo Partendo dalla tecnica delle forme d’onda, (Branchi, 2017: pp. 337-346).
[8] A conferma dell’interesse nei confronti della produzione elettronica come ampliamento dei mezzi del fare musica, Branchi firma il primo testo didattico disponibile in lingua italiana, Tecnologia della musica elettronica, Lerici, Milano 1977.
[9] Per una descrizione esaustiva delle proprietà delle onde sinusoidali si rimanda al testo Pierce J., La scienza del suono, Zanichelli, Bologna 1988, pp. 50-71.
[10] «Vorrei chiarire meglio e ampliare il concetto di limite che trova il suo complemento nel termine “libertà”. Esso risulta però alleggerito del suo significato se non viene messo in relazione al primo: non esiste, cioè, nessuna possibilità di libertà se non vengono prima stabiliti dei limiti che nell’operare artistico rappresentano la definizione dello spazio entro cui creatività e fantasia possono essere esercitate». (Branchi, 2017: p. 81).
[11] A partire dalla progressiva conquista del materiale musicale come movimento di sviluppo interno alle logiche della storia della musica, il pensiero musicale di Anton Webern si muove in direzione della tecnica dodecafonica. Si veda a tal riguardo A. Webern, Il cammino verso la nuova musica, SE, Milano, 2006. Un rapporto di continuità storica lega la musica elettronica alla musica seriale.
[12] Per una ricostruzione storiografica sull’esperienza della musica elettronica dello studio del WDR a Colonia si legga, Galante F.– Sani N., Musica Espansa, Lim, Lucca 2000, pp. 43 -50.
[13] Si veda anche il testo Ruolo passivo e attivo dei suoni ambientali. (Branchi, 2017: pp. 301-309).
[14] Autore della tecnica della sintesi granulare, si rimanda al sito personale del compositore https://www.sfu.ca/~truax/bios.html .
[15] Sia esso naturale quindi relativo alla natura (specie animali e vegetali riunite in un paesaggio, in un ambiente che si autoregoli senza la presenza dell’uomo) che artificiale (un manufatto architettonico, progettato e costruito dall’uomo).
[16] Si rimanda alla lettura del testo Non desidero che le mie musiche vengano eseguite in sale d’ascolto convenzionali (Branchi, 2017: pp. 97-102).
[17] Composizioni realizzare con l’elaboratore e in sede finale realizzate su nastro magnetico, la cui dimensione d’ascolto (mancando l’interprete) si serve soltanto di registratore, amplificatore e altoparlante.
[18] Riferimenti tanto alla proposizione 6.421 del Tractatus logicus-philosophicus (Wittgenstein, 1974) quanto – e soprattutto – alle Ricerche filosofiche (Wittgenstein, 1953), laddove gioco, regola e contesto assumono una posizione rilevante nella scrittura wittgensteiniana.

Bibliografia
Branchi W., Tecnologia della musica elettronica, Lerici, Milano 1977;
Branchi W., Il pensiero musicale sistemico. Scritti 1975-2014, Aracne, Roma 2017
Di Scipio A., Pensare le tecnologie del suono e della musica, Editoriale Scientifica, Napoli 2013;
Di Scipio A., Storia della musica e storia nella musica. Alcune riflessioni sulle pratiche elettroacustiche, in Aa. Vv., Musica/Realtà, rivista quadrimestrale, anno 37, numero 114, Lim, Lucca novembre 2017;
Duchez M.-E., Il concetto di materiale nella tecnologia musicale contemporanea, in A. Di Scipio, Teoria e prassi della musica nell’era dell’informatica, G. Laterza, Bari 1995;
Galante F. – Sani, N., Musica Espansa, Lim, Lucca 2000;
Koenig G.M., Metodologia costruttiva e di lavoro dell’Università di Utrecht, in Pousseur H., La musica elettronica, Feltrinelli, Milano 1976;
Mollia, M. Più vero del vero. Ambiente e suono nell’esperienza di due compositori: Walter Branchi e Barry Truax, in Aa. Vv., Musica/Realtà, rivista quadrimestrale, anno 37, numero 114, Lim, Lucca novembre 2017;
Pierce J., La scienza del suono, Zanichelli, Bologna 1988;
Pizzaleo L., Walter Branchi: dal sistema sonoro all’ecosistema, in Branchi W., Il pensiero musicale sistemico. Scritti 1975-2014, Aracne, Roma 2017;
Wittgenstein L., Tractatus logico-philosophicus e Quaderni 1914-1916, Einaudi, Torino 1974;
Wittgenstein L., Ricerche filosofiche, Einaudi, Torino 1953.

Antonio Mastrogiacomo, Irpino di nascita, napoletano di residenza sviluppa una discutibile ricerca attraverso pratica di montaggio – come nel disco ‘Suonerie’ (2017) e nel lungomontaggio ‘Glicine’ (2018) presenti nel catalogo Setola di Maiale. Si è esibito in musei e spazi pubblici, collabora con diversi magazine e scrive saggi e contributi critici su diverse riviste; dal 2017 è il curatore di d.a.t. [divulgazioneaudiotestuale] – ISSN 2611 – 0121. Tiene i corsi di didattica della multimedialità presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli e di storia della musica applicata alle immagini presso il conservatorio Nicola Sala di Benevento.